sexta-feira, 16 de agosto de 2013

Kirobo, il primo robot parlante a bordo della Stazione Spaziale


Kirobo durante i test di volo in assenza di gravità (fonte: JAXA)  
Kirobo durante i test di volo in assenza di gravità (fonte: JAXA)
 
E' arrivato a destinazione sulla Stazione Spaziale Internazionale il primo robot umanoide parlante. Si chiama Kirobo, è nato in Giappone ed è giunto a bordo della navetta senza equipaggio Htv 4, dell'agenzia spaziale giapponese Jaxa.

A guidare la manovra di aggancio è stata l'astronauta americana Karen Nyberg. Ad attendere il nuovo arrivato, insieme al resto dell'equipaggio, c'è Robonaut, l'automa della Nasa che già lavora a bordo della stazione orbitale.

Che astronauti e robot siano destinati a diventare amici sempre più stretti è convinto l'astronauta dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) Luca Parmitano. ''Non sarò io a seguire Kirobo, ma se ne occuperà Karen''. In generale, ha proseguito, ''vedo con ottimismo il futuro dei robot nello spazio: il loro compito è lavorare, ad esempio, per rendere l'ambiente più sicuro in vista di un atterraggio su Marte. Sono convinto - ha concluso - che l'Integrazione fra uomini e robot nello spazio sia già in atto e che sarà sempre più intensa nel futuro''.

Obiettivo di Kirobo, nato dall'ispirazione di un manga, è interagire e supportare gli astronauti, in particolare il 'connazionale' Koichi Wakata, che raggiungerà la Stazione Spaziale nei prossimi mesi.

Kirobo fa pensare a un robot 'bambino' confrontato con il suo 'collega' Robonaut. L'automa giapponese è infatti alto appena 34 centimetri, contro il metro di Robonaut, e più portato all'interazione sociale rispetto al suo collega americano. Mentre quest'ultimo è soprattutto un prezioso aiutante nei laboratori della stazione orbitale, Kirobo è specializzato nel riconoscere i volti, in particolare quello di Wakata, futuro comandante della stazione. Inoltre sa parlare (in giapponese), sostenendo vere e proprie conversazioni.
Kirobo, il cui nome nasce dalla fusione delle parole giapponesi speranza e robot, nasce per comprendere in che modo gli automi possano fornire compagnia e un supporto emozionale agli astronauti che vivono quasi in isolamento per molti mesi.

L'aspetto di Kirobo, e del suo gemello Mirata che rimarrà a Terra per verificare eventuali malfunzionamenti, è stato realizzato dal gruppo di ricerca coordinato da Tomotaka Takahashi, dell'università di Kyoto, ispirandosi a un noto manga giapponese, Astro Boy.


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Il più potente campo magnetico dell'universo


La magnetar SGR 0418+5729. In alto a destra la regione della stella che ha fatto registrate il campo magnetico più intenso dell’universo. Elaborazione grafica (fonte: ESA-ATG Medialab)  
 
La magnetar SGR 0418+5729. In alto a destra la regione della stella che ha fatto registrate il campo magnetico più intenso dell’universo. Elaborazione grafica (fonte: ESA-ATG Medialab)
 
Si trova nella Via Lattea, distante 6.500 anni luce dal nostro Sistema Solare, il più potente campo magnetico mai osservato nell'universo. Lo ha scoperto e descritto sulla rivista Nature il gruppo italiano coordinato dall'astrofisico Andrea Tiengo, della Scuola Superiore Universitaria Iuss di Pavia e ricercatore dell'Istituto di Astrofisica (Inaf). Fra gli autori il presidente dell'Inaf, Giovanni Bignami, professore ordinario di astronomia allo Iuss.

''E' la scoperta che stavamo aspettando da molto tempo'', ha detto Tiengo. E' infatti la prima volta in assoluto che viene osservato direttamente il campo magnetico generato da un oggetto cosmico bizzarro come una magnetar.

Le magnetar sono stelle di neutroni estremamente dense, generate quando stelle molto più grandi del Sole giungono al termine della loro vita e collassano. ''Quella che abbiamo pubblicato - ha proseguito - è la prima misura diretta del campo magnetico di una magnetar'' e quello che emergeè che si tratta del ''campo magnetico più grande nell'universo attuale. Non possiamo infatti escludere che poco dopo il Big Bang siano esiste magnetar dal campo magnetico piu' potente di quello che abbiamo osservato''.

Finanziata da Inaf e Agenzia Spaziale Italiana (Asi), la ricerca è stata condotta in collaborazione con universita' di Padova, University College di Londra, Laboratorio di astrofisica interdisciplinare del francese Cea (Commissariat à l'énergie atomique et aux énergies alternatives) e Istituto di Scienze dello Spazio (Ice) di Barcellona.

La magnetar, osservata con l'aiuto della vista ai raggi X del telescopio spaziale XMM-Newton dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), si chiama SGR 0418+5729, si trova a 6.500 anni luce dal Sistema Solare e genera un campo magnetico milioni di miliardi di volte superiore a quello terrestre.

Il risultato, ha osservato Tiengo, è il primo passo per mettere a punto catalogo delle magnetar e per conoscere aspetti inediti del comportamento della materia quando viene sottoposta a campi magnetici così intensi, impossibili da riprodurre in laboratorio. Diventa anche possibile studiare le potenti emissioni di raggi X e gamma che si verificano sulla superficie di queste stelle, che in alcuni casi possono essere così intense da interferire con le telecomunicazioni terrestri.
 
E' emerso infine che la superficie della stella non è uniforme e che in alcune zone il campo magnetico diventa più intenso. Un aspetto, questo, fondamentale perchè la presenza di più campi magnetici di diversa intensità nella stessa stella è ritenuta una delle principali cause delle esplosioni cosmiche, proprio come accade con le eruzioni tipiche del nostro Sole.


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Nasa desiste de restabelecer pleno funcionamento do telescópio Kepler

Do G1, em São Paulo

 

Ilustração mostra o telescópio espacial Kepler (Foto: Nasa) 
Ilustração mostra o telescópio espacial Kepler (Foto: Nasa)
 
 
A agência espacial americana, Nasa, anunciou nesta quinta-feira (15) que desistiu das tentativas de restabelecer o pleno funcionamento do telescópio espacial Kepler, que teve problemas em duas de quatro rodas que dão estabilidade e precisão ao equipamento. Como nos giroscópios, essas rodas têm alta rotação, o que pode gerar desgaste.

A primeira parou de funcionar em julho de 2012 e a segunda, em maio deste ano. Os engenheiros espaciais tentaram fazer pelo menos uma delas funcionar, pois três é o mínimo necessário para que o telescópio consiga operar da maneira ideal.

O Kepler terminou sua missão principal em novembro do ano passado, e agora trabalhava numa missão adicional estendida de mais quatro anos. Os especialistas da Nasa estão analisando qual outra função o equipamento pode executar com apenas duas das rodas, para que não fique inutilizado.

A missão de Kepler teve início em março de 2009 e seu principal objetivo era detectar exoplanetas rochosos na zona habitável de suas estrelas hospedeiras. A zona habitável de uma estrela é a região onde a quantidade de radiação emitida permite que a temperatura no planeta se mantenha em níveis para que a água exista em estado líquido.

Ou seja, nem muito próximo da estrela para que seja quente demais e a água evapore, nem distante demais para que a água se congele. As dimensões dessa zona dependem muito do tipo da estrela. Os dados enviados pelo satélite para a Terra permitiram, até o momento, confirmar a existência de 135 planetas fora do sistema Solar.

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