sexta-feira, 12 de outubro de 2012

La più piccola dinamo magnetica del Sistema Solare

Era il campo magnetico dell'asteroide Vesta


Struttura cristallina del meteorite ALHA81001 vista con il microscopio elettronico. Le aree scure conservano la ''memoria'' del campo magnetico di Vesta (fonte: Laboratorio di paleomagnetismo e laboratorio di Petrologia sperimentale, MIT)  
 
Struttura cristallina del meteorite ALHA81001 vista con il microscopio elettronico. Le aree scure conservano la ''memoria'' del campo magnetico di Vesta (fonte: Laboratorio di paleomagnetismo e laboratorio di Petrologia sperimentale, MIT)
 
E' dell'asteroide Vesta il primato del più piccolo corpo planetario del Sistema Solare ad aver posseduto una dinamo magnetica nel suo nucleo. Lo studio internazionale coordinato dall'Istituto di Tecnologia del Massachusetts (Mit), e pubblicato su Science, lo ha scoperto analizzando alcuni frammenti di un meteorite trovato in Antartide.

La scoperta dimostra che l'asteroide ha avuto in passato una struttura interna organizzata in maniera molto simile a quella di corpi celesti più grandi. Secondo i ricercatori statunitensi infatti, Vesta – il secondo più grande asteroide del Sistema Solare – potrebbe aver avuto nel suo lontano passato un nucleo di metallo liquido chem ruotando, era in grado di generare un campo magnetico sufficientemente forte da rimanere 'impresso' sulle rocce superficiali. La scoperta potrebbe aiutare a comprendere meglio le fasi di accrescimento dei pianeti rocciosi, tra cui la Terra, e far luce sui primi momenti di formazione dell'intero Sistema Solare.

La Terra, come molti altri pianeti, genera un intenso campo magnetico grazie alla presenza al suo interno di un nucleo metallico liquido. Attraverso un principio molto simile alla produzione di elettricità da parte della dinamo delle vecchie biciclette, i movimenti di questo nucleo liquido, dovuti alla rotazione del pianeta, inducono la formazione di un campo magnetico che avvolge e protegge l'intero pianeta.

Scoprire l'antico campo magnetico di Vesta è stato possibile trovandone le tracce lasciate su un meteorite ritrovato al Polo Sud. L'origine del detrito spaziale è stata ricostruita identificando la 'firma' impressa dalla percentuale dei diversi isotopi di ossigeno ritrovati, una caratteristica unica di ogni oggetto del Sistema Solare. I campioni, chiamati Allan Hills A81001, provengono da un antico impatto avvenuto tra Vesta e altri corpi celesti, che sollevarono nello spazio una grande quantità di detriti, alcuni dei quali caddero poi sulla Terra.

Il meteorite rinvenuto mostra i segni di una magnetizzazione avvenuta 3,69 miliardi di anni fa, durante il raffreddamento dell'asteroide. Il 'segno' hanno spiegato i ricercatori, sarebbe stato lasciato dal movimento rotatorio del nucleo metallico liquido ancora presente all'epoca all'interno di Vesta


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Meteorito que caiu sobre a Terra tem traços da atmosfera marciana




Meteorito que caiu sobre a Terra tem traços da atmosfera marciana

Objeto foi achado no deserto do Marrocos, no ano passado.
Rocha ainda traz evidência de água, mas não de vida marciana.

Do G1, em São Paulo

Estudo publicado na revista “Science” nesta quinta-feira (11) traz novos dados sobre um meteorito oriundo de Marte que caiu no deserto do Marrocos há 14 meses. A pedra vulcânica Tissint tem traços da atmosfera marciana em suas rachaduras.

Uma das conclusões dos cientistas é que a pedra traz sinais de intemperismo causado por água no planeta vizinho. No entanto, a rocha não permite concluir que essa água tenha servido de suporte para qualquer forma de vida, já que foi submetida a temperaturas altíssimas, o que eliminaria qualquer rastro de micróbio que pudesse haver dentro dela.

Chris Herd, da Universidade de Alberta, segura pedaço do Tissint. (Foto: Universidade de Alberta/Divulgação) 
Chris Herd, da Universidade de Alberta, segura pedaço do Tissint.
 (Foto: Universidade de Alberta/Divulgação)
 
Segundo Chris Herd, pesquisador da Universidade de Alberta, no Canadá, que participou do estudo, tratava-se de uma rocha vulcânica comum. O cientista explica que o meteorito foi lançado ao espaço pelo impacto de um asteroide. A onde de choque expôs o mineral a um calor altíssimo, que “selou” as amostras atmosféricas dentro do objeto. Em seguida, ficou vagando no vazio por 700 mil a 1 milhão de anos até cair sobre a Terra, em julho de 2011. Foi a quinta vez em que a queda de uma rocha marciana foi observada.



Tissint caiu no Marrocos em julho do ano passado. (Foto: Natural History Museum London/Science/Reprodução) 
Tissint caiu no Marrocos em julho do ano passado.
 (Foto: Natural History Museum London/Science/Reprodução)

Rocha marciana tem composição similar a tipo terrestre, diz Nasa

Da EFE

O robô Curiosity encontrou em Marte uma pedra que se parece mais com algumas rochas vulcânicas terrestres que com outras amostras achadas no planeta até o momento. Segundo a agência espacial americana Nasa informou em seu site, a pedra, uma das primeiras rochas marcianas estudadas em profundidade pelo Curiosity, é um exemplar insólito e surpreendeu os especialistas.

A pedra, do tamanho de uma bola de futebol, mas em forma piramidal, que recebeu o nome de 'Jake Matjevic', tem características em comum com pedras vulcânicas de regiões da Terra como o Havaí, formadas debaixo da crosta terrestre com grande pressão e com a presença de água.

Pedra tem formato piramidal (Foto: Nasa/Divulgação) 
Pedra tem formato piramidal (Foto: Nasa/Divulgação)
 
"Esta pedra corresponde bem em sua composição química com um tipo raro, mas bem conhecido de rocha ígnea achada em muitas regiões vulcânicas da Terra", disse o pesquisador Edward Stolper, do Instituto de Tecnologia da Califórnia (CalTech) em Pasadena.

"Ao contar com apenas uma pedra marciana deste tipo é difícil saber se ela se formou mediante os mesmos procedimentos, mas é um ponto razoável para iniciar uma reflexão sobre sua origem", disse Stolper. Desde que encontrou esta pedra, há duas semanas, o Curiosity a tocou com seu braço e disparou vários raios laser de partículas alfa e raios X contra ela, o que permitiu aos cientistas deduzir que contém menos magnésio e ferro que outras pedras marcianas, e mais sódio e potássio.

Outro cientista, o encarregado da análise das medições do espectômetro de raios X com partículas alfa, Ralf Gellert, comentou que "Jake é uma pedra marciana curiosa". "Conta com um conteúdo elevado de elementos que coincidem com o mineral feldspato e pouco magnésio e ferro", explicou Gellert, pesquisador na Universidade de Guelph, no Canadá. O Curiosity recolhe dados e transmite imagens que podem ser vistas na página da Nasa na internet.

quinta-feira, 11 de outubro de 2012

I 'salti' di Huygens su Titano


Ricostruzione artistica dell'arrivo della sonda Huygens su Titano (fonte: ESA)  
Ricostruzione artistica dell'arrivo della sonda Huygens su Titano (fonte: ESA)
 
Nei 10 secondi dopo aver toccato il suolo di Titano, la sonda Huygens ha rimbalzato, scivolato e oscillato. Lo rivela la ricostruito gli istanti immediatamente successivi all'arrivo di Huygens sulla più grande luna di Saturno, nel gennaio 2005. A portare a destinazione Huygens era stata la missione Cassini, nata in collaborazione fra Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi).

''Questo studio ci riporta al momento storico in cui Huygens ha toccano il mondo alieno più remoto su cui si sia mai posato una sonda'', osserva Nicolas Altobelli, dell'Esa.

Coordinato dal tedesco Stefan Schroder dell'Istituto Max Planck per la ricerca sul Sistema solare, pubblicato sulla rivista Planetary and Space Science, lo studio fornisce nuove informazioni sulla natura della superficie della luna, che sembra fatta di sabbia umida. Sono stati analizzati i dati inviati dagli strumenti che erano attivi durante l'impatto con il suolo di Titano, in particolare i cambiamenti nelle accelerazioni sperimentate dalla sonda. Quindi i dati sono stati confrontati con i risultati di simulazioni al computer e una prova di caduta, utilizzando un modello di Huygens progettato per replicare l'atterraggio.

L'analisi rivela che, al primo contatto con la superficie di Titano, Huygens ha scavato un foro profondo 12 centimetri, prima di rimbalzare su un superficie piana. La sonda, si è poi inclinata di circa 10 gradi ed è poi scivolata di 30-40 centimetri sulla superficie. Huygens a questo punto ha rallentato per attrito con la superficie e, arrivando alla sua ultima meta, ha oscillato avanti e indietro cinque volte.

I sensori di Huygens hanno continuato a rilevare piccole vibrazioni per altri due secondi, fino a quando il movimento è cessato, quasi 10 secondi dopo l'atterraggio.

''Un picco nei dati di accelerazione - rileva Schroder - suggerisce che durante la prima oscillazione la sonda probabilmente ha urtato contro un sasso sporgente di circa due centimetri dalla superficie di Titano, che potrebbe averla spinta nel suolo, suggerendo che la superficie ha una consistenza morbida, di sabbia umida''. La superficie deve essere stata quindi abbastanza morbida per permettere alla sonda di fare un buco, spiegano i ricercatori, ma abbastanza forte da sostenere il dondolio di Huygens avanti e indietro.

Nei dati dell'atterraggio i ricercatori hanno visto inoltre che si è sollevata una polvere di materiali organici, e ciò suggerisce che il suolo era probabilmente asciutto e che non vi era stata alcuna 'pioggia' di etano liquido o metano per qualche tempo prima dello sbarco.


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Nasa divulga novas imagens de nebulosas planetárias

Censo' da agência espacial americana registrou 35 nebulosas até agora.
Nebulosa planetária é uma fase na evolução de estrela, segundo a Nasa.

Do G1, em São Paulo

A agência espacial americana (Nasa) divulgou nesta quarta-feira (10) imagens do primeiro "censo" de nebulosas planetárias situadas nos arredores do Sistema Solar. Segundo a agência, o levantamento foi feito usando informações do telescópio Hubble e do Observatório Chandra de raios X, ambos vinculados à própria Nasa.

A nebulosa planetária é uma fase da evolução de uma estrela, de forma parecida ao que está previsto para ocorrer com o Sol em alguns bilhões de anos, segundo a Nasa. Conforme o astro vai "morrendo", uma intensa radiação vinda do núcleo é registrada e camadas da estrela vão sendo expelidas.

Imagens mostram quatro nebulosas planetárias observadas pela Nasa (Foto: Divulgação/Nasa/CXC/RIT/J.Kastner/STScI) 
Imagens mostram quatro nebulosas planetárias observadas pela Nasa
 (Foto: Divulgação/Nasa/CXC/RIT/J.Kastner/STScI)
 
As nebulosas planetárias foram descobertas no século 18 e receberam o nome de forma equivocada, por sua semelhança com planetas gasosos gigantes. Os fenômenos são, na verdade, fases da evolução de estrelas.

Foram observadas 21 novas nebulosas na primeira etapa da pesquisa, sendo que outras 14 já haviam sido analisadas pelo observatório, de acordo com a Nasa. No total, 35 nebulosas planetárias constam no estudo, cujos primeiros resultados saíram em agosto. Todas as nebulosas estudadas estão a até 5 mil anos-luz da Terra.

Nas imagens, a emissão de raios X captada pelo Observatório Chandra aparece colorida em rosa, e emissões registradas pelo Hubble aparecem nas outras cores, segundo a Nasa.

Planeta 'vizinho' é provavelmente feito de grafite e diamante, diz estudo

'Superterra' 55 Cancri fica na constelação de Câncer, a 41 anos-luz de nós.
Telescópio espacial Spitzer já havia detectado que corpo celeste emite luz.

Do G1, em São Paulo
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Cientistas da Universidade Yale, nos EUA, descobriram que um planeta "vizinho" chamado 55 Cancri, localizado na constelação de Câncer, a 41 anos-luz da Terra, tem uma superfície provavelmente coberta por grafite e diamante. Abaixo dessas camadas, há minerais como silício e um núcleo de ferro fundido.

O estudo foi conduzido pelo pesquisador Nikku Madhusudhan e colegas, e será publicado na revista "Astrophysical Journal". É a primeira vez que os astrônomos identificaram um planeta possivelmente formado de diamante a orbitar uma estrela como o nosso Sol, que é visível a olho nu.

Segundo os autores, pelo menos um terço da massa do 55 Cancri –  que é duas vezes maior e oito vezes mais maciço que a Terra – é feito de diamante. Essa quantidade equivale a três massas do nosso planeta.

Planeta diamante (Foto: Haven Giguere/Yale University/Reuters) 
Ilustração do interior do planeta 55 Cancri revela superfície de grafite e uma grossa camada de diamante logo abaixo; mais no interior, há formação de silício e ferro fundido  (Foto: Haven Giguere/Yale University/Reuters)
 
O planeta está mais perto de seu astro principal do que Mercúrio está do Sol. Por essa razão, uma volta completa ao redor da estrela dura apenas 18 horas – enquanto por aqui leva 365 dias, ou um ano. Ao todo, esse sistema tem cinco planetas.

Os cientistas acreditavam que o 55 Cancri tinha um núcleo coberto por uma camada de água e, que, por causa das temperaturas extremas, estava constantemente em forma de um vapor espesso. Mas essa hipótese não se confirmou, e o corpo não tem nada de água. A temperatura no lado voltado para o sol do planeta está estimada em mais de 1.700 graus Celsius.

Para estimar a composição química da superfície e do interior da superterra, os astrônomos usaram modelos para calcular todas as possíveis combinações de elementos que produziriam aquelas características específicas.

Durante a formação do planeta, segundo os autores, havia mais carbono que oxigênio disponível, além de uma quantidade significativa de água em forma de gelo.

A Terra, ao contrário, é muito rica em oxigênio e pobre em carbono em seu interior. O carbono interfere na evolução térmica dos planetas e na formação de placas tectônicas, com implicações na incidência de atividades vulcânicas, terremotos e montanhas.

Na concepção artística abaixo, essa "superterra" rochosa aparece em azul orbitando seu sol, a estrela à esquerda.
Planeta 55 Cancri Spitzer Nasa (Foto: Nasa/JPL-Caltech) 
 
Ilustração divulgada em maio pela Nasa mostra o planeta 55 Cancri, à direita, em azul, bem mais perto de sua estrela principal do que Mercúrio, o 1º planeta do Sistema Solar, está do Sol (Foto: Nasa/JPL-Caltech)
 
O 55 Cancri foi observado pela primeira vez no ano passado, pelo telescópio espacial Spitzer, da agência espacial americana (Nasa), que descobriu que esse corpo celeste emite luz. Em 2005, o Spitzer se tornou o primeiro telescópio a detectar a luz de um planeta fora do nosso Sistema Solar. E, ao contrário do Hubble, que faz imagens em luz visível, o Spitzer "enxerga" apenas em raios infravermelhos. Por isso, não há fotografias do planeta, e sim ilustrações.

Superterras
As superterras são planetas especiais que não se parecem com nada visto no Sistema Solar. Eles têm muito mais massa que a Terra, mas são mais leves que Netuno, que é formado de gás. Além disso, podem ser rochosos, gasosos ou uma combinação dos dois.

Apesar do prefixo "super", as superterras são razoavelmente pequenas – e bem difíceis de serem vistas daqui. Segundo os astrônomos, conseguir visualizar uma dessas é um passo importante para tentar localizar planetas mais parecidos com o nosso, que tenham condições de abrigar vida.

Astrônomos da UFRGS descobrem novo satélite na Via Láctea

Segundo pesquisadores, descoberta é inédita entre astrônomos brasileiros.
Objeto está ligado ao processo de formação da nossa galáxia.

Do G1 RS

Aglomerado estelar Balbinot 1 é composto pela concentração de estrelas bem tênues, vistas ao centro da imagem  (Foto: Divulgação/Canada France Hawaii Telescope/UFRGS) 
Aglomerado estelar Balbinot 1 é composto pela concentração de estrelas bem tênues, vistas ao centro da imagem (Foto: Divulgação/Canada France Hawaii Telescope/UFRGS)
 
Pesquisadores do Departamento de Astronomia da Universidade Federal do Rio Grande do Sul (UFRGS) e do Laboratório Interinstitucional de e-Astronomia (LIneA) fizeram uma descoberta rara. Eles encontraram um novo satélite na Via Láctea. Trata-se de um aglomerado de estrelas situado no halo da galáxia, a uma distância de 108 mil anos-luz do Sistema Solar. Segundo os astrônomos, é o primeiro satélite nos confins do halo estelar cuja descoberta teve como protagonistas astrônomos brasileiros.

"É uma descoberta bem rara, identifica um objeto que está se dissolvendo. Nossa galáxia é composta da dissolução de corpos como esse. Descobrimos um resquício de um dos objetos que ajudou a formar nossa galáxia", disse ao G1 o aluno de doutorado do Instituto de Física da UFRGS, Eduardo Balbinot, que batizou a estrela.

De acordo com o pesquisador da universidade Basílio Santiago, a estimativa é que façam parte do conglomerado entre 200 e 300 estrelas com massa de nível médio. Ele explicou que, apesar de se tratar de um conglomerado de corpos celestes, pode receber a denominação de satélite. "A definição de satélite pode ser vista com uma certa generalidade. Satélite é aquilo que orbita um objeto mais massivo. Nesta concepção, pode ser um conjunto que descreva uma órbita em torno de uma galáxia", disse Santiago ao 
Sob a orientação do pesquisador Basílio Santiago e com a colaboração de outros pesquisadores do LIneA, Eduardo desenvolveu um código, chamado de FindSat, que busca por sobredensidades em mapas de estrelas gerados por grandes levantamentos de dados aos quais o laboratório tem acesso. Essas sobredensidades atestam a existência desses pequenos sistemas estelares coesos, como um aglomerado estelar ou uma galáxia anã, sobrepostos às demais estrelas da Via Láctea. O objeto encontrado pelos pesquisadores brasileiros foi batizado de Balbinot 1.

Segundo o Departamento de Astronomia da UFRGS, a importância desses satélites está ligada ao processo de formação de galáxias e outras estruturas no Universo. Acredita-se atualmente que uma galáxia grande como a nossa se formou ao longo de mais de 10 bilhões de anos num processo aglutinação gravitacional de objetos menores. Esses satélites, como Balbinot 1, são os remanescentes deste processo. Os objetos do halo, em especial, são velhos, funcionando como "testemunhas oculares" deste cenário hierárquico de formação, pelo qual sistemas de baixa massa se aglutinam para formar galáxias grandes. 

Ainda de acordo com os pesquisadores, satélites do halo são mais difíceis de detectar, pois estão em geral muito distantes de nós. Balbinot 1, em especial, foi um grande desafio, pois contém pouco mais de 200 estrelas, o que o torna um dos satélites de menor massa dentre todos os já descobertos.

Telescópio Alma encontra curioso espiral ao redor de estrela gigante

Do G1, em São Paulo

Pesquisadores descobriram uma estrutura espiral de gás ao redor da estrela gigante vermelha R Sculptoris, considerada uma estrela do ramo gigante assimptótico (AGB).

A imagem foi captada por cientistas graças ao telescópio Alma, que ainda não está em pleno funcionamento, e integra o Observatório Europeu do Sul (ESO, na sigla em inglês), projeto internacional que conta com participação brasileira.

De acordo com o estudo publicado na versão online da revista “Nature” desta quarta-feira (10), isso pode signicar a provável existência de uma segunda estrela, antes não vista, orbitando a primeira estrela.

No final de suas vidas, estrelas AGB, com massas superiores até oito vezes à massa do Sol, se tornam gigantes vermelhas e perdem uma grande quantidade de massa devido ao vento estelar denso. Essa massa de poeira e gás expelida é um dos principais contribuintes para a formação das futuras gerações de estrelas, sistemas planetários e, posteriormente, para a vida. O Sol, eventualmente, deve evoluir para uma AGB, de acordo com o estudo.



Imagem feita pelo telescópio Alma mostra camada de gás e poeira ao redor da estrela vermelha gigante R Sculptoris (Foto: Telescópio Alma/ESO) 
Imagem feita pelo telescópio Alma mostra camada de gás e poeira ao redor da estrela vermelha gigante R Sculptoris (Foto: Telescópio Alma/ESO)

quarta-feira, 10 de outubro de 2012

Asteroide in avvicinamento il 12 ottobre

Si chiama 2012 TC4, passerà a 90.000 chilometri dalla Terra


Diagramma orbitale dell’asteroide 2012 TC4 (fonte: Gianluca Masi, Virtual Telescope) 
Diagramma orbitale dell’asteroide 2012 TC4
 (fonte: Gianluca Masi, Virtual Telescope)
 
Conto alla rovescia per il passaggio ravvicinato, ma in tutta sicurezza, dell'asteroide 2012 TC4. L'appuntamento con il nostro pianeta, ha spiegato l'astrofisico Gianluca Masi, curatore scientifico del Planetario di Roma e responsabile del Virtual Telescope, è previsto per il 12 ottobre alle ore 7,17 italiane, quando l'oggetto raggiungerà la distanza minima di circa 90.000 chilometri, ossia all'interno dell'orbita della Luna, che dista dal nostro pianeta circa 380 mila chilometri. "Ma non vi è alcun pericolo di impatto" tranquillizza l'esperto. Del diametro di circa 20 metri, l'asteroide è stato individuato nella costellazione dei Pesci il 4 ottobre scorso, spiega Masi "nell'ambito del programma di ricerca di asteroidi e comete del Pan-Starrs, basato su una serie di telescopi situati sull'isola di Maui alle Hawaii". Il 12 ottobre "l'oggetto sarà del tutto invisibile dall'Italia, tra le stelle del Sagittario, ma - prosegue l'astrofisico - il giorno prima, l'11 ottobre sarà ben visibile dal nostro Paese, alla portata fotografica di piccoli telescopi". L'11 ottobre, dalle ore 21,00 il Virtual Telescope trasmetterà gratuitamente in diretta sul web le immagini dell'asteroide, con il commento di un astronomo. Per seguire l'evento basterà collegarsi alla pagina www.astrowebtv.org. Mentre 2012 TC4 si sta avvicinando un altro asteroide, chiamato 2012 TV, ha appena salutato la Terra, del diametro di circa 40 metri ha raggiunto la distanza minima di circa 250.000 chilometri dal nostro pianeta.


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segunda-feira, 8 de outubro de 2012

Lanciata la capsula Dragon, primo volo dei privati per la Nasa

Il lancio della navetta Dragon, nel primo volo commerciale per conto della Nasa (fonte: NASA, SpaceX)I
l lancio della navetta Dragon, nel primo volo commerciale per conto della Nasa
 (fonte: NASA, SpaceX)
E’ partito il primo volo commerciale diretto alla Stazione Spaziale Internazionale per conto della Nasa. La capsula Dragon, costruita dall’azienda californiana Space X, e’ stata lanciata alle 2,35 dell’8 ottobre dalla base di Cape Canaveral (Florida) con il lanciatore Falcon 9, costruito dalla stessa azienda.

La missione si chiama Crs-1, dal nome del contratto (Commercial Resupply Services) del valore complessivo di 1,2 miliardi di dollari con il quale la Nasa ha acquistato dalla Space X (Space Exploration Technologies) un pacchetto di 12 voli commerciali per portare sulla Stazione Spaziale materiali per gli esperimenti scientifici, rifornimenti per l’equipaggio e pezzi di ricambio.

Dopo l’uscita di scena dello shuttle la capsula Dragon e’ stato il primo veicolo spaziale ad aver dimostrato, nel maggio scorso, la capacita’ di raggiungere la Stazione Spaziale e di agganciarsi ad essa. Attualmente Dragon e’ l’unico veicolo in grado di consegnare materiali alla stazione orbitale e di riportare a Terra materiali, come quelli relativi agli esperimenti completati. Non e’ infatti in grado di rientrare nessuna delle navette finora utilizzate per portare rifornimenti e materiali sulla stazione orbitale: ne’ il cargo russo Progress ne’ le navette automatiche di Europa (le Atv) e Giappone (Htv). Non ha un sistema di rientro nemmeno l’azienda privata ‘’concorrente’’ della Space X, la Orbital Sciences.

Il lanciatore Falcon 9 ha portato Dragon in orbita senza problemi e adesso la navetta comincera’ le manovre che le permetteranno di agganciarsi alla Stazione Spaziale Internazionale il 10 ottobre. Quindi restera’ agganciata alla stazione orbitale per due settimane, per rientrare a Terra carica di materiali scientifici il 28 ottobre.


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Observatório Europeu faz 50 anos e divulga imagens do Universo

Da BBC

O Observatório Europeu do Sul (ESO) foi criado em 1962 para mapear algumas das regiões mais distantes do Universo.
Estrela ESO (Foto: Panorama mostra imediações da estrela Wolf-Rayet, WR 22, na nebulosa de Carina (dir.) e da estrela Eta Carinae (esq.). A imagem foi composta a partir de La Silla, no Chile. Foto: ESO ) 
Panorama mostra imediações da estrela Wolf-Rayet, ou WR 22, na nebulosa de Carina (dir.) e da estrela Eta Carinae (esq.). A imagem foi feita a partir do observatório do ESO em La Silla, no norte do Chile (Foto: ESO)
 
Para comemorar seu aniversário de 50 anos, a instituição divulgou fotos que marcaram sua atuação. Nelas, é possível ver algumas das mais espetaculares imagens espaciais captadas pelos telescópios no sul do Chile ao longo das últimas décadas.

Observações do instrumento FORS2 captaram essa explosão de uma supernova a cerca de 6 mil anos-luz da Terra, que teria acontecido no ano de 1054. A cor verde é produzida por hidrogênio e o azul, por elétrons energizados (Foto: ESO) 
Observações do instrumento FORS2 captaram explosão de supernova a cerca de 6 mil anos-luz da Terra, que teria ocorrido em 1054. A cor verde é produzida por hidrogênio e o azul, por elétrons energizados (Foto: ESO)
 
O complexo do ESO inclui os telescópios NTT (sigla de Novo telescópio Tecnológico), VLT (Telescópio Muito Grande), Alma (Telescópio do Atacama) e E-ELT (Telescópio Europeu Extremamente Grande).

Imagem da galáxia NGC 1232 foi capturada em 21 de setembro de 1998, durante um período de boas condições de observação. Na área central estão estrelas mais velhas, enquanto os braços do espiral contêm estrelas novas, de cor azulada, além de berçários (Foto: ESO) 
Imagem da galáxia NGC 1232 foi capturada em 21 de setembro de 1998. No centro, estão estrelas mais velhas, enquanto os braços do espiral contêm estrelas novas, de cor azulada, além de berçários (Foto: ESO)
 
As imagens abrangem a Via Láctea, galáxias distantes, nebulosas e possíveis buracos negros, entre outros elementos do espaço. Para ver mais fotos, confira a galeria da BBC.

A região NGC 2264 aparece ao lado das bolhas azuis do agrupamento estelar conhecido como Árvore de Natal. A imagem foi criada com dados obtidos por meio de quatro diferentes filtros do telescópio ESO (Foto: ESO) 
A região NGC 2264 aparece ao lado de bolhas azuis do agrupamento estelar conhecido como Árvore de Natal. A imagem foi criada com dados obtidos por meio de quatro filtros diferentes de telescópio (Foto: ESO)

domingo, 7 de outubro de 2012

Scoperto un nuovo buco nero nella Via Lattea

Rappresentazione artistica di un buco nero che cattura il gas da una stella vicina (fonte: NASA/GODDARD) 
Rappresentazione artistica di un buco nero che cattura il gas da una stella vicina
 (fonte: NASA/GODDARD)

Nella nostra galassia c'é un 'nuovo' buco nero: a rivelarne l'esistenza è stata una rarissima esplosione, probabilmente una nova che emette raggi X. Ad osservarla è stato il satellite della Nasa Swift, al quale l'Italia contribuisce con Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), accanto alla Gran Bretagna.

Il lampo di raggi X, chiamato Swift J1745-26, proviene dal centro della Via Lattea ed è stato osservato da Swift il 16 settembre scorso. I dati sono stati elaborati adesso e resi noti dalla Nasa.

Una nova X è una sorgente che emette raggi X per un breve periodo: compare all'improvviso, raggiunge il massimo della sua emissione nel giro di alcuni giorni e poi decade lentamente nel corso di mesi. Sorgenti di questo tipo sono generate dall'improvvisa caduta di una grande quantità di gas che precipita su un oggetto compatto, come un buco nero.

Per Neil Gehrels, responsabile della missione al Goddard Space Flight Center della Nasa, "la scoperta di una nuova nova nella banda X è un evento molto raro ed al massimo ci si aspetta di scoprirne una durante la vita di un satellite". Nell'arco di due giorni il lampo è stato visto da Swift per ben tre volte e "questa ripetuta esplosione di raggi X e la sua posizione, situata a qualche grado dal centro della nostra galassia verso la costellazione del Sagittario, hanno fatto immediatamente capire che non si trattava di un'emissione di raggi gamma", ha detto Gianpiero Tagliaferri, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile Scientifico del gruppo italiano nel progetto Swift.

Secondo i ricercatori il buco nero deve avere una stella compagna simile al sole, un sistema che gli astronomi chiamano "binaria X di piccola massa" e nel quale un flusso di gas passa dalla stella normale e va a formare un disco attorno al buco nero.

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