sexta-feira, 3 de janeiro de 2014

La «maledetta» cometa di Halley: ora causò anche la peste a Bisanzio

La storica cometa di Halley, la prima a essere stata individuata come un astro a ritorni periodici dall’astronomo che nel Settecento le diede il nome, non ha mai goduto di buona fama. Alle sue apparizioni, ogni 76 anni, astrologi e millenaristi hanno attributo sventure d’ogni sorta, soprattutto per regnanti e governanti: dalla sconfitta di re Harold d’Inghilterra nel 1066, alla fatale malattia di Edoardo VII nel 1910. Ora è la ricercatrice americana Dallas Abbott a scagliare sulla povera cometa un’accusa infamante: avere provocato quella che è passata alla storia come «la peste di Giustiniano», una pandemia che devastò l’Impero romano d’Oriente fra il 541 e il 542 dopo Cristo, decimando la popolazione di Bisanzio e di altre grandi città mediterranee e favorendo l’avanzata degli invasori gotici che, a quanto pare, erano geneticamente immuni dal morbo. 


La cometa di Halley
  • La cometa di Halley    
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SFERULE COSMICHE - La Abbott è una geologa marina, abbastanza nota fra gli studiosi di scienze della Terra per le sue campagne di esplorazione sui fondali oceanici, alla ricerca dei segni lasciati dagli impatti asteroidali e per i suoi studi sulle correlazioni fra eventi cosmici e cambiamenti climatici. Si è formata al Massachusetts Institute of Technology e poi è passata all’Earth Observatory di Lamont-Doherty nella Columbia University degli Stati Uniti. Nel 2009, studiando alcune carote di antichi sedimenti prelevati nei ghiacci della Groenlandia, Abbott ha scoperto un livello, databile dal 533 al 540 d. C., ricco di «sferule cosmiche»: palline di dimensioni submillimetriche derivanti dall’improvvisa fusione e quindi solidificazione di composti silicatici e metallici. Le sferule si trovano spesso attorno ai crateri scavati dai meteoriti, dove gli impatti generano istantaneamente altissime temperature e pressioni, scaraventando in aria miriadi di frammenti che poi ricadono a terra. Mescolati alle sferule, la Abbott ha trovato pure gusci di diatomee e silicoflagellati marini. 

ASTEROIDE E PESTE - Già quattro anni fa la scoperta di Abbot diede la stura ad alcune pubblicazioni scientifiche e storiche che tentavano di stabilire un nesso fra l’eventuale caduta di un’asteroide e la peste che dilagò ai tempi dell’imperatore Giustiniano, ipotizzando che l’impatto avrebbe sollevato una fitta nebbia di detriti rimasti per mesi in sospensione nell’atmosfera, tanto da provocare l’attenuazione della luce solare e l’inevitabile catena:abbassamento delle temperature medie globali (si ipotizza di 3 gradi centigradi), carestie, calo delle difese immunitarie, epidemie e peste. In effetti, alcuni antichi cronisti dell’impero riferiscono, nelle loro storie, del sole che risplendeva pallido come la luna, di un freddo insolito, di invasioni di ratti, insetti e parassiti d’ogni tipo, e di mortalità per la peste che nella sola Bisanzio, tra il 541 e il 542, toccò il picco di 10 mila decessi al giorno, costringendo gli amministratori a far scavare gigantesche fosse comuni e a stipare i cadaveri in torri inutilizzate.
 
HALLEY - Ora la Abbott, durante una riunione dell’American Geophysical Society che si è svolta a metà dicembre, ha spiegato che esistono fondati indizi per attribuire questi eventi catastrofici alla cometa di Halley. Un’accurata determinazione della stagione in cui si formarono le sferule cosmiche trovate in Groenlandia porterebbe infatti al mese di maggio, quando ogni anno si verifica la pioggia di meteore dette «eta aquaridi», correlabili ai detriti sparsi lungo la sua orbita dalla cometa di Halley. I detriti cometari sono, per lo più, granelli di polvere e piccoli sassi, ma la Abbott avanza l’ipotesi che il nucleo della Halley, in uno dei suoi passaggi al perielio, si sia frammentato, lasciandosi dietro un pezzo grande qualche centinaio di metri. Attratto dalla Terra, il frammento di cometa sarebbe precipitato, scavando un grande cratere nel fondo di un oceano e scaraventando in aria polveri rimaste in sospensione per alcuni anni; fra queste le sferule assieme a gusci di microorganismi marini che poi si sono depositati nei ghiacci della Groenlandia.
 
IPOTESI LABILE - L’ipotesi della Abbot è figlia di quel filone di studi che giustamente ricerca possibili correlazioni fra catastrofi terrestri e fenomeni cosmici (filone che negli anni Ottanta ebbe grande fortuna con la teoria dell’estinzione dei dinosauri per colpa di un asteroide killer); ma nel caso della peste di Giustiniano la catena degli eventi appare piuttosto tortuosa e gli indizi che la dovrebbero sostenere molto labili

www.corriere.it

Scoperto il primo asteroide del 2014

L'asteroide 2014 AA (fonte: Catalina Sky Survey, Lunar & Planetary Laboratory, University of Arizona)  
L'asteroide 2014 AA
 (fonte: Catalina Sky Survey, Lunar & Planetary Laboratory, University of Arizona)
 
 
E' stato individuato nella notte del primo gennaio, poco prima che entrasse nell'atmosfera: il primo asteroide scoperto nell'anno appena iniziato, chiamato 2014 AA, è un piccolo oggetto dal diametro compreso fra uno e cinque metri ed è stato distrutto nell'impatto.

''Verosimilmente, nessun frammento ha raggiunto il suolo'', osserva l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. ''Tuttavia - aggiunge - questo asteroide è già celebre perchè è soltanto la seconda volta che un oggetto simile viene scoperto poco prima dell'ingresso nell'atmosfera.

''Il primo caso - prosegue - risale al 2008, con l'asteroide 2008 Tc3. Entrambi sono stati scoperti da Richard Kowalski nell'ambito del programma Mout Lemmon Survey, in Arizona''. Sono casi molto diversi dall'asteroide di Chelyabinsk, che nessuno aveva visto avvicinarsi alla Terra.
 
2014 AA è stato scoperto nella notte del primo gennaio, mentre tutti i telescopi erano puntati verso un altro asteroide, 2013 YL2, che oggi raggiungerà la minima distanza dalla Terra. ''2014 AA stato scoperto intorno alle 7 del mattino italiane del primo gennaio, mentre l'ingresso nell'atmosfera sarebbe avvenuto quasi 24 ore più tardi, con margine di incertezza di circa 10 ore'', dice Masi.

Secondo i primi calcoli, eseguiti da Bill Gray, del Minor Planet Center degli Stati Uniti, e da Steve Chesley, del programma sui Neo (Near-Earth Object) del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, l'impatto potrebbe essere avvenuto su una regione molto ampia, estesa tra l'America Centrale e la costa orientale dell'Africa. Nel caso improbabile in cui dei frammenti fossero sopravvissuti all'impatto, sarebbero caduti al largo della costa occidentale africana.

www.ansa.it

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