sábado, 28 de fevereiro de 2015

Buraco negro 12 bilhões de vezes maior que o Sol intriga cientistas

BBC - Astrônomos dizem ter descoberto um gigantesco buraco negro 12 bilhões de vezes maior que o Sol, mas seu tamanho desafia as teorias sobre como esses fenômenos cósmicos se expandem.
Segundo os cientistas, o novo buracro negro foi nomeado SDSS J0100+2802 se formou 900 milhões de anos após o "Big Bang", que teria dado origem ao universo.

Radiação energética

O extraordinário objeto se encontra no centro de um quasar, uma estrutura celeste que gera uma radiação energética um bilhão de vezes mais forte que o Sol.
O problema é que os astrônomos não conseguem explicar como um buraco negro desse tamanho se formou tão cedo na história cósmica, pouco depois do nascimento das estrelas e das galáxias.
A descoberta foi feita por uma equipe internacional de cientistas da Universidade de Pequim, da China, do Instituto Carnegie, dos Estados Unidos, e da Universidade Nacional da Austrália.

Due macchie luminose e misteriose su Cerere

Le due macchie luminose osservate su Cerere (fonte: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA)



Nuove sorprese dal pianeta nano Cerere: mentre la sonda Dawn della Nasa sta per entrare nella sua orbita ha scoperto due misteriose macchie molto luminose e ravvicinate, all'interno di un cratere. Le ha fotografate dalla distanza di 46.000 chilometri e il mistero sulla loro identità potrebbe trovare una soluzione quando la sonda sarà ancora più vicina al pianetino, dopo l'ingresso nella sua orbita, previsto il 6 marzo.

Le macchie hanno dimensioni e luminosità diverse ''una appare più grande e brillante, l'altra più piccola e debole, ma a quanto pare sono nello stesso bacino'' osserva il responsabile scientifico della missione, Chris Russell, dell'università della California a Los Angeles. ''La loro origine - aggiunge - potrebbe essere vulcanica ma dovremo aspettare immagini scattate a una migliore risoluzione prima di poter effettuare interpretazioni sulla loro natura''. 

La missione, che parla anche italiano, con lo spettrometro Vir (Visual and Infrared Spectrometer) realizzato da Agenzia spaziale italiana (Asi) e Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), nei prossimi 16 mesi indagherà su origine ed evoluzione di Cerere e si concentrerà anche su questi punti luminosi. ''La macchia più grande continua ad essere troppo piccola per la nostra macchina fotografica, ma nonostante le sue dimensioni, è più brillante di qualsiasi altra cosa su Cerere. È un fenomeno inaspettato e misterioso per noi'' ha rilevato Andreas Nathues, che partecipa alla missione con l'Istituto tedesco Max Planck per la ricerca sul sistema solare. 

Del diametro di 950 chilometri, Cerere è il corpo celeste più grande della fascia di asteroidi compresa fra Marte e Giove. Prima di raggiungerlo, Dawn ha fatto 'tappa' sul secondo oggetto più grande della fascia, l'asteroide gigante Vesta (del diametro di 525 chilometri), offrendo più di 30.000 immagini che hanno permesso di analizzare la composizione e ricostruire la storia geologica del corpo celeste.


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quarta-feira, 25 de fevereiro de 2015

Una cometa misteriosa sopravvive 'sfiorando' il Sole





Una cometa 'misteriosa' si è avvicinata al Sole senza disintegrarsi ed è diventata un rompicapo per gli astronomi. Non appartiene infatti a nessuna delle comete suicide finora note, che finiscono la loro esistenza tuffandosi nella nostra stella. Invece la cometa è riemersa intatta dal pericoloso avvicinamento, come mostrano le immagini dell'osservatorio solare Soho, della Nasa. Centinaia di telescopi sulla Terra stanno adesso aspettando che sia di nuovo visibile, al di là del bagliore del Sole.
Foto NASA/SOHO

Chiamata Soho-2875, la cometa si è avvicinata al Sole il 19 febbraio scorso: a prima vista sembrava essere un piccolo oggetto, destinato a disintegrarsi nel calore solare, come la maggior parte delle comete scoperte da Soho. Appartenenti alla cosiddetta famiglia Kreutz, questi oggetti sono frammenti di una cometa gigante.

''L'orbita della cometa sopravvissuta al Sole mostra che l'oggetto non appartiene a questa famiglia'' spiega l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e coordinatore scientifico del Planetario di Roma. Comete che non fanno parte di questa famiglia non sono troppo insolite e passano vicinissime al Sole un paio di volte l'anno. A renderla particolare è il fatto che la vicinanza al Sole avrebbe dovuto distruggerla ma invece il nucleo ha resistito e ora la cometa appare con la sua coda luminosa nelle immagini di Soho. 

Alcuni esperti, rileva Masi, ''ritengono che la cometa possa essere visibile dalla Terra fra un paio di settimane ma abbiamo ancora pochi elementi per fare previsioni di questo tipo''. Secondo l'astrofisico ''la probabilità che la cometa si possa vedere da Terra con telescopi è verosimile ma ancora non si può dire quando e neanche quanto sarà brillante''.



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Nasce il Planetario europeo 2.0

Rappresentazione artistica del Planetario dell'Eso (fonte: Architekten Bernhardt + Partner www.bp-da.de)



Avrà la forma di un sistema di stelle binarie, sarà alimentato ad energie rinnovabili, e oltre ad svolgere un ruolo educativo, produrrà materiale scientifico e sarà visitabile gratuitamente: e' l'Eso Supernova Planetarium, i cui lavori di costruzione sono iniziati il 25 febbraio, con una cerimonia a Garching, vicino Monaco di Baviera, quartier generale dell'Eso (European Southern Observatory).

Il nuovo centro, che apre la strada a un nuovo modello di planetario 2.0, dovrebbe essere terminato e aperto al pubblico nel 2017 e sarà il più grande planetario digitale inclinato di Austria, Germania e Svizzera. E' il frutto della collaborazione dell'Heidelberg Institute for Theoretical Studies e l'Eso, è stato progettato dagli architetti Bernhardt e Partner ed è interamente finanziato dalla fondazione Klaus Tschira Stiftung. 

L'edificio, oltre ad avere un planetario con una cupola piena di 14 metri di diametro e un'inclinazione di 23 gradi, e più di 2.000 metri di quadrati dedicati a mostre permanenti e temporanee, ospiterà conferenze, workshop e lezioni anche per insegnanti e scuole. Tutti i contenuti saranno in inglese e tedesco.

''Ci sono diversi elementi che rendono questo planetario unico - spiega Fabian Reckmann, responsabile Eso della costruzione - Il più importante è che sarà a stretto contatto con una delle organizzazioni più importanti nella ricerca astronomica, l'Eso, e quindi sempre all'avanguardia nelle ultime scoperte scientifiche e tecnologie più avanzate.

Ciò consentirà adi offrire contenuti sempre aggiornati e accurati''. Inoltre sarà gratuito e realizzerà dei materiali suoi che saranno disponibili, sempre gratuitamente, anche per gli altri planetari di tutto il mondo. Non sarà quindi solo un distributore di contenuti, ma anche produttore. 

Tra i progetti in sviluppo, aggiunge Lars Linberg, responsabile di mostre e contenuti, ''c'è un calendiario astronomico, un programma educativo speciale per selezionare e spiegare i principali concetti di astronomia agli studenti, e l'idea di pubblicare le ultime notizie e eventi direttamente nei planetari di tutto il mondo''.


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Eclipse parcial do Sol pode reduzir geração de energia solar na Europa

Da France Presse

Fenômeno está previsto para acontecer em 20 de março.
35 mil megawatts de energia solar vão sumir do sistema elétrico europeu


Eclipse parcial do Sol visto em Brigham City, Utah, Estados Unidos, em outubro de 2014 (Foto: Eli Lucero/AP)


O eclipse parcial do Sol que deve acontecer em 20 de março colocará a prova o sistema elétrico europeu ao reduzir consideravelmente a produção fotovoltaica - alerta um estudo publicado nesta segunda-feira (23) pelo setor.
"Em 20 de março, num céu claro, cerca de 35.000 megawatts de energia solar, o equivalente a 80 unidades de produção de tamanho médio, vão desaparecer progressivamente do sistema elétrico europeu antes de se recuperarem progressivamente", advertiu a pesquisa realizada pela rede de gestores de redes de transporte elétrico e de gás (Entsoe).
Os autores não "descartam completamente o risco de algum incidente", e lembram que países como Alemanha ou Itália dispõem de um número importante de unidades solares. "Será uma prova sem precedentes", garantiram.
Segundo a investigação, a coordenação entre os diferentes gestores de redes será "crucial" neste dia.
Outras fontes de produção elétrica, como a nuclear ou o carbono, poderiam ter que ser reforçadas para compensar a queda de energia fotovoltaica e garantir o fornecimento elétrico europeu.
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Vauban (Foto: Eduardo Carvalho/Globo Natureza)Placa solar instalada em casa da cidade de Freiburg, na Alemanha (Foto: Eduardo Carvalho/Globo Natureza)
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sábado, 21 de fevereiro de 2015

Conheça locais para se observar a aurora boreal

Roma - O ano de 2015 foi declarado pela ONU como o "Ano da Luz". Por isso, uma das maneiras de se comemorar essa data é ver as famosas auroras boreais, que colorem o céu das regiões árticas no período de inverno.

Até o final do mês de março, as luzes que aparecem a cerca de 100 quilômetros de altura podem ser admiradas em diversas cidades do norte da Europa e do continente americano, afastadas da claridade e da poluição.

Entre os melhores locais para se observar o fenômeno, está o vilarejo de Abisko, na região da Lapônia sueca. Ele fica a 200 quilômetros de distância do Círculo Polar Ártico e conta com o Aurora Sky Station, um observatório de auroras boreais onde é possível jantar olhando para o céu colorido. Além disso, a pequena vila também oferece outras atividades de inverno, como esqui e excursões com trenós puxados por cães.

Na Finlândia, em Inari, vilarejo da etnia indígena europeia Sami, em Kemi, cidade portuária do golfo de Botnia, e em Rovaniemi, capital da Lapônia finlandesa, as auroras são a principal atração da temporada. Ainda é possível navegar pelo golfo com o navio quebra-gelo Sampo e mergulhar nas águas geladas com macacões térmicos.

Já na Noruega possui o vilarejo de Tromso, onde se encontram o Observatório Geofísico, em funcionamento desde 1928, e o Planetário da Aurora Boreal, que explica o fenômeno com pequenos documentários. Também é possível andar de trenós com huskys, observar as baleias no Mar do Norte e passar uma noite no Kirkeness Snow Hotel, onde todas as acomodações e ambientes são feitos de gelo. (ANSA)

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sexta-feira, 20 de fevereiro de 2015

Conheça a estrela que invadiu o Sistema Solar

Paul RinconEditor de Ciência da BBC News

Corpo binário formado por estrela anã vermelha e anã marrom viajou por região no limite de nosso sistema há 70 mil anos, segundo equipe americana.


Uma representação artística da estrela Scholz, que atualmente está a 20 anos-luz de distância (Foto: Michael Osadciw/Universidade de Rochester)


Uma estrela invasora passou pelo nosso Sistema Solar há apenas 70 mil anos, de acordo com astrônomos.
Nenhuma outra estrela chegou tão perto de nosso sistema. Os pesquisadores, de uma equipe internacional, dizem que ela chegou a ficar cinco vezes mais perto que nosso vizinho mais próximo, a estrela anã Próxima Centauri.
O objeto, uma anã vermelha conhecida como estrela Scholz, passou pela área externa do Sistema Solar, uma região conhecida como Nuvem Oort.
A estrela Scholz não passou sozinha pelo Sistema Solar, ela veio acompanhada por um objeto conhecido como uma anã marrom - um corpo celeste que não tem a massa necessária para gerar fusão em seus núcleos.
Observações da trajetória da estrela sugerem que há 70 mil anos esta invasora passou a 0,8 ano-luz do Sol. A nossa vizinha mais próxima, a Proxima Centauri, está a 4,2 anos-luz, por exemplo.
A descoberta foi publicada na revista especializada "Astrophysical Journal Letters".
Perto
Na pesquisa, os astrônomos liderados por Eric Mamajek, da Universidade de Rochester, Estados Unidos, afirmaram que têm 98% de certeza de que a estrela Scholz viajou pelo que é conhecido como "Nuvem Oort Externa", uma região no limite do Sistema Solar com trilhões de cometas.

Esta região é como uma "casca" esférica em volta do Sistema Solar e pode se estender até 100 mil Unidades Astronômicas, ou UA (uma UA é a distância entre a Terra e o Sol).
Para determinar a trajetória da estrela, os pesquisadores precisavam de duas informações: a mudança na distância do Sol para a estrela (sua velocidade radial) e o movimento da estrela pelo céu (velocidade tangencial).
A estrela Scholz atualmente está a 20 anos-luz de distância, ou seja, um sistema razoavelmente próximo. Mas, a Scholz demonstrou um movimento tangencial muito lento para uma estrela tão próxima.
Isto indica que ela estaria se distanciando de nosso sistema ou estaria vindo em nossa direção para um encontro próximo com o Sistema Solar no futuro.
As medidas da velocidade radial confirmaram que o sistema estelar binário está, na verdade, se distanciando de nosso sistema. Ao rastrear seus movimentos no passado, os cientistas descobriram a passagem próxima do Sol há 70 mil anos.
'Insignificante'
Uma estrela passando pela Nuvem Oort poderia causar problemas gravitacionais nas órbitas dos cometas daquela região, arremessando-os para trajetórias dentro do nosso Sistema Solar.

Mas, Eric Mamajek acredita que os efeitos da estrela Scholz em nossa vizinhança cósmica foram "insignificantes".
"Existem trilhões de cometas na nuven Oort e há chance de alguns desses terem sido perturbados por este objeto. Mas, até agora, parece que esta estrela não desencadeou uma 'chuva de cometas' mais importante", afirmou o cientista à BBC News.
A estrela Scholz passou relativamente perto, mas o sistema binário (a estrela anã vermelha e sua companheira, a anã marrom) tem pouca massa e estava passando em alta velocidade. Estes fatores combinados contribuíram para que o efeito da passagem da Scholz pela Nuvem Oort fosse pequeno.
Apesar de esta ter sido a passagem mais próxima já detectada, Mamajek acredita não ser incomum que estrelas se aproximem de nosso Sol. Ele afirma que uma estrela provavelmente passa nas proximidades da Nuvem Oort aproximadamente a cada 100 mil anos.
Mas ele sugere que uma passagem tão próxima como esta, ou mais próxima ainda, é, de alguma forma, mais rara. Segundo Mamajek, as simulações matemáticas mostram que um evento como o que envolveu a estrela Scholz ocorre, em média, a cada 9 milhões de anos.
"Então, é uma coincidência que nós tenhamos conseguido descobrir uma que passou tão perto nesses últimos 100 mil anos", disse.

quarta-feira, 18 de fevereiro de 2015

Nasa resume 5 anos de observação do Sol em vídeo impressionante

Imagem de vídeo divulgado pela Nasa mostra explosão solar (Foto: NASA's Goddard Space Flight Center/SDO)


Em comemoração a seu aniversário de 5 anos, o Observatório de Dinâmica Solar da Nasa divulgou um vídeo que resume 1.826 dias de observação solar em 4 minutos e meio. VEJA O VÍDEO ABAIXO.
A missão registra imagens detalhadas da superfície solar 24 horas por dia, o que tem permitido observar de maneira inédita como ocorrem exatamente as explosões solares.
O vídeo, que selecionou os "melhores momentos" dos últimos cinco anos de observação solar, exibe nuvens gigantes de material solar explodindo para o espaço e manchas solares crescendo e encolhendo ao longo do tempo.
Segundo a Nasa, ao observar o sol em diferentes comprimentos de onda, os cientistas conseguem observar como o material se movimenta na atmosfera solar, chamada corona. Isso permite investigar o que causam as erupções solares.
Explosão solar em imagem divulgada pela Nasa (Foto: NASA's Goddard Space Flight Center/SDO)Explosão solar em imagem divulgada pela Nasa (Foto: NASA's Goddard Space Flight Center/SDO)
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Névoa misteriosa em Marte intriga cientistas


Damian Peach foi um dos primeiros astrônomos amadores a capturar imagens do fenômeno: névoa é vista no detalhe (Foto: Grupo Ciencias Planetarias (GCP) - UPV/EHU/Nature)

Da BBC - Uma descoberta feita por astrônomos amadores que passam horas estudando Marte deixou cientistas com a pulga atrás da orelha.

Descoberta pela primeira vez em 2012, uma espécie de névoa apareceu orbitando ao redor do planeta apenas uma outra vez e depois desapareceu.
Ao analisar imagens da misteriosa neblina, os cientistas da Agência Espacial Europeia (ESA) descobriram que ela é a maior já vista e se estende por mais de 1.000 quilômetros.
Em artigo publicado na revista "Nature", eles dizem que a pluma poderia ser uma grande nuvem ou uma aurora excepcionalmente brilhante. Mas deixam claro que ambas as hipóteses são difíceis de serem comprovadas.
"Essa descoberta traz mais perguntas do que respostas", disse Antonio Garcia Munoz, cientista da Agência Espacial Europeia.
Telescópios
Em todo o mundo, uma rede de astrônomos amadores mantém seus telescópios calibrados para analisar o “planeta vermelho”.

Eles viram essa misteriosa formação pela primeira vez em março de 2012, logo acima do hemisfério sul de Marte.
Damian Peach foi um dos primeiros astrônomos amadores a capturar imagens do fenômeno.
"Eu notei essa formação saindo ao lado do planeta, mas eu primeiro achei que havia um problema com o telescópio ou câmera”, disse.
"Mas, à medida que eu ia verificando as imagens de perto, percebi que era algo real - e foi uma grande surpresa."
A neblina brilhante durou cerca de 10 dias. Um mês mais tarde, ela reapareceu e perdurou o mesmo período de tempo. Mas nenhuma formação do tipo foi vista desde então.
Nuvens
Os cientistas que comprovaram o fenômeno buscam agora uma explicação para ele, mas, por enquanto, só têm hipóteses.

Uma teoria é a de que a névoa é uma nuvem de dióxido de carbono ou partículas de água.
"Sabemos que há nuvens em Marte, mas até hoje elas foram observadas apenas até uma altitude de 100 km", disse Garcia Munoz.
Segundo ele, a misteriosa névoa está bem acima dessa altitude, o que coloca em xeque essa possibilidade.
Outra explicação é a de que esta ela é uma versão local das auroras polares.
"Nós sabemos que nesta região em Marte nunca foram relatados auroras antes”, disse Muñoz. “Além disso, a intensidade registrada nessa névoa é muito, mas muito maior do que qualquer aurora já vista em Marte ou na Terra.”
Para o cientista, se qualquer uma dessas teorias estiver certa, isso significaria que a nossa compreensão da atmosfera superior de Marte está errada.
Ele espera que, ao publicar o estudo, outros cientistas também colaborem com explicações para o fenômeno. Mas, se isso não ocorrer, os astrônomos terão de esperar para as névoas retornarem à Marte.
Fotos de telescópios ou naves que estão atualmente em órbita ao redor do planeta também podem ajudar a desvendar esse mistério.

Dançando com as estrelas

POR SALVADOR NOGUEIRA
http://mensageirosideral.blogfolha.uol.com.br/

Há 70 mil anos, mais ou menos na mesma época em que nossos ancestrais iniciaram sua expansão para além da África, mal sabiam eles que um evento celeste ameaçava impor um fim abrupto e melancólico à experiência humana. Nessa época, uma estrela passou de raspão pelo nosso Sistema Solar, a uma distância mínima que chegou a ser inferior a um ano-luz. Se o astro tivesse chegado um pouquinho mais perto, poderia ter despertado uma chuva de cometas na direção do interior do sistema planetário que, sem dificuldades, apagaria nossa espécie do mapa-múndi. Felizmente não aconteceu, e a raça humana sobreviveu para desvendar mais essa incrível história.

A Estrela de Scholz e sua companheira anã marrom passaram a menos de um ano-luz do Sol (visto ao fundo) há 70 mil anos! (Crédito: Michael Osadciw/University of Rochester)
A Estrela de Scholz e sua companheira anã marrom passaram a menos de um ano-luz do Sol (visto ao fundo como uma estrela mais brilhante) cerca de 70 mil anos atrás! Ufa! (Crédito: Michael Osadciw/University of Rochester)
A descoberta foi feita por uma equipe internacional de pesquisadores liderada por Eric Mamajek, da Universidade de Rochester, nos Estados Unidos, e acaba de ser divulgada num artigo publicado no periódico “Astrophysical Journal Letters”. (Talvez você se lembre de Mamajek, que outro dia estava estudando um sistema de anéis que deixa o de Saturno no chinelo!)

Os cientistas analisaram um astro apelidado de Estrela de Scholz, em homenagem a seu descobridor, o astrônomo alemão Ralf-Dieter Scholz. Em 2013, ele encontrou o astro, hoje localizado a 20 anos-luz da Terra, em dados coletados pelo satélite Wise, da Nasa. (Oficialmente, a estrela tem o nome de catálogo WISE J072003.20-084651.2.)

Trata-se de um astro binário, composto por uma estrela anã vermelha, com cerca de 8% da massa do Sol, e por uma anã marrom (categoria que corresponde às “estrelas abortadas”, que não conseguiram juntar matéria suficiente para iniciar as reações nucleares que a fariam “acender”). E o que chamou agora a atenção para ele foi seu movimento. Ele parecia se deslocar muito pouco no céu, apesar da proximidade. Uma possibilidade de explicar isso seria imaginar que a maior parte da velocidade da estrela estaria numa direção de profundidade, imperceptível pela posição celeste — ou seja, ela podia estar se afastando ou se aproximando do Sistema Solar.

Dito e feito: medições da distorção da luz da estrela causadas por seu movimento indicavam que a Estrela de Scholz estava de fato se afastando do Sistema Solar. Começou então a saga de, a partir do movimento atual, reconstruir seu paradeiro no passado. Os pesquisadores realizaram 10 mil simulações independentes que refletissem a possível órbita do astro em torno do centro da Via Láctea. Em 98% delas, a estrela passava a mero 0,8 ano-luz de distância do Sol.

Se você trocar o ano-luz por uma medida mais convencional, como o quilômetro, talvez o valor não lhe pareça pequeno — são cerca de 8 trilhões de km. Mas, do ponto de vista interestelar, é literalmente como passar raspando.

É tão perto que a essa distância ainda devem existir objetos que orbitam o Sol — são os membros da chamada nuvem de Oort, um enorme repositório de cometas nas profundezas do Sistema Solar. Felizmente, a estrela “visitante” não passou pela região mais interna da nuvem, onde seria capaz de perturbar muitos objetos e atirar alguns deles na direção dos planetas — a Terra sem dúvida seria um dos alvos. (A chance de isso ter acontecido era bem pequena, mas não nula — em uma das 10 mil simulações realizadas, foi exatamente o que ocorreu.)

CARROSSEL OU ROLETA-RUSSA?
O trabalho é um lembrete importante de como são as coisas na periferia de uma galáxia como a nossa Via Láctea. O Sol viaja em torno do centro galáctico a uma distância de cerca de 30 mil anos-luz, o que o coloca numa região relativamente dispersa do disco galáctico. Ainda assim, temos muitas estrelas vizinhas que também seguem seus caminhos em torno do centro da galáxia — cada uma em sua órbita própria e com sua velocidade e direção. Embora olhemos para as estrelas no céu e as vejamos na mesma posição dia após dia após dias, com o passar de milhares de anos se pode perceber que elas não guardam sempre a mesma posição com relação a nós. Podem se aproximar e se afastar.


Colisões são raríssimas, mesmo nas regiões mais internas da Via Láctea, onde a densidade de estrelas é maior. Mas só uma passagem de raspão já pode ser o suficiente para desestabilizar o sistema planetário ou, no mínimo, causar uma certa bagunça em seu interior. O perigo, literalmente, mora ao lado.

Contudo, também há outro ângulo pelo qual olhar o achado. Podemos pensar que a humanidade está 70 mil anos atrasada. Talvez se tivéssemos evoluído um pouquinho antes, estivéssemos em boa posição naquela época para tentar inaugurar a era das missões espaciais interestelares. Uma tentativa feita agora de chegar à estrela mais próxima levaria uma espaçonave até Proxima Centauri, uma anã vermelha a 4,2 anos-luz de distância. Se partíssemos 70 mil anos atrás, poderíamos ter mirado a Estrela de Scholz, atravessando um quinto dessa distância: 0,8 ano-luz.

Ainda assim, não seria fácil. Nossas espaçonaves mais velozes já lançadas levariam 80 mil anos para chegar a Proxima Centauri. No passado, poderíamos ter realizado nossa primeira jornada interestelar mais depressa: 16 mil anos.

Tá, ainda não é muito factível. Mas essa é a tecnologia atual. Dois séculos atrás, o recorde de velocidade pertencia a locomotivas a vapor, e não passava de 150 km/h. Em 200 anos, multiplicamos a nossa velocidade máxima por um fator de 400 (a New Horizons, espaçonave mais veloz a partir da Terra, saiu daqui a quase 59 mil km/h). Se conseguirmos sucesso similar em mais dois séculos, poderíamos cobrir 0,8 ano-luz em meros 40 anos — um período bem razoável para uma missão espacial de longa duração. As sondas Voyager estão quase chegando lá, e seguem operacionais.

Claro, hoje não temos mais de atravessar 0,8 ano-luz para chegar a estrela mais próxima, mas modorrentos 4,2 anos-luz. Isso colocaria o tempo de viagem, mesmo com essa projeção tecnológica otimista, em pouco palatáveis 200 anos. 

Não chega a ser proibitivo, mas seria uma longa espera pelos resultados científicos. Viajar entre as estrelas não é fácil. Aparentemente, elas virem até nós é mais simples. Mas também é muito mais perigoso.

terça-feira, 10 de fevereiro de 2015

Astrônomo do Vaticano: ‘Não estamos atrás de alienígenas para evangelizá-los’

Igreja patrocina padres astrônomos em observatório nos EUA, que buscam outros planetas habitáveis; mas essas pesquisas são confiáveis?


Da BBC - No topo de uma montanha no sudoeste dos Estados Unidos, no Observatório do Vaticano, padres católicos estudam planetas habitáveis - o que pode parecer estranho para muita gente, dado as grandes diferenças, algumas incompatíveis, entre ciência e religião.
Para os próprios padres, no entanto, a pesquisa no observatório representa uma forma de "se conectar com o criador".
"Não, nós não estamos fazendo nada estranho", disse à BBC o vice-diretor do observatório do Vaticano, padre Paul Gabor. "Nós estamos realmente fazendo ciência, não estamos atrás de alienígenas para evangelizá-los’".
Os dez astrofísicos empregados pela igreja dizem que estão tentando conquistar avanços sobre o conhecimento que temos atualmente sobre o universo.
"O Observatório do Vaticano é uma operação muito pequena por causa da maneira curiosa como recrutamos nossos funcionários. Em outras palavras, para trabalharmos aqui, precisamos ser padres", explicou o padre Gabor.
Cientistas, entretanto, dizem que há razões para não se confiar em pesquisas patrocinadas por religiões. "Levando em consideração a natureza sobre o que é requisitado para trabalhar no Observatório do Vaticano, você não iria esperar que os melhores cientistas fossem querer fazer parte disso, porque os melhores cientistas, em geral, são ateus", disse o físico também ateu, Lawrence Krauss.
"Até pelo senso intelectual, claro que ciência e a doutrina das religiões mundiais são completamente incompatíveis. E isso tem sido assim por séculos e séculos."
Ciência e religião
Essa crítica, porém, é rechaçada pelos astrônomos do Vaticano. Para eles, especialmente na astrofísica, os limites entre ciência e religião não existem.

O Observatório do Vaticano foi transferido para Tucson, no Arizona, em 1981, quando a qualidade ruim do ar da Itália tornou impossível a continuidade das pesquisas por lá. Desde então, os trabalhos dos astrônomos católicos têm sido feitos da Universidade do Arizona.
"Acho que pessoas que são destinadas para as grandes questões sobre fé também estão destinadas à astronomia, porque nela você também faz grandes questionamentos", comentou Buell Jannuzi, chefe do observatório da Universidade do Arizona.
A primeira menção a um observatório do Vaticano de que se tem registro é de 1582, mas sua existência só foi confirmada oficialmente em 1891, pelo papa Leão 13.
À época, ele disse que seu objetivo era deixar claro que a Igreja Católica Romana "não se opunha à verdadeira e sólida ciência".
O padre jesuíta Paul Gabor acredita que, se há outros planetas habitáveis no universo, provavelmente deve haver vida neles. Ele diz também que consegue, cada vez mais, entender a grande conexão entre astrofísica e religião. "Quem tenta entender isso consegue ver que o universo, de fato, quer ser compreendido."

Cientistas apontam que núcleo da Terra se divide em 2 regiões distintas

Da EFE

O núcleo interno da Terra possui um núcleo próprio com cristais de ferro alinhados em direções diferentes (Foto: Adaptação sobre imagem de divulgação/Universidade de Illinois/Nature)

Cientistas chineses e americanos publicaram um estudo que indica que o núcleo interior da Terra é uma região sólida composta por duas partes distintas -- uma interna e outra externa --, o que pode trazer novas informação sobre a origem de nosso planeta, segundo o artigo publicado nesta terça-feira (10) pela revista "Nature Geoscience".
A pesquisa, feita por especialistas da Universidade de Illinois (EUA) e de Nanquim (China), sugere que o núcleo interior é subdividido, diferentemente do que se pensava até então. A equipe de geofísicos acredita que as estruturas dos cristais de ferro existentes nessas duas regiões sejam diferentes entre si. No núcleo interior externo, os cristais ficam no sentido dos polos (norte-sul), enquanto no núcleo interior interno, estão no sentido leste-oeste (veja ilustração acima).
Para chegarem a essa conclusão sem perfurar o centro da Terra, a equipe liderada por Xiaodong Song, professor da Universidade de Illinois, escutou as vibrações causadas por terremotos e analisou as alterações que elas sofriam na medida em que viajavam através de nosso planeta. 
A descoberta pode apresentar uma nova informação sobre a origem de nosso planeta, segundo cientistas
"O fato de estarmos descobrindo diferentes estruturas de distintas regiões do núcleo interno pode acrescentar algo para nós sobre a longa história da Terra. Poderia ser a chave para a evolução do planeta", disse Song.
A descoberta aponta que o núcleo interno contém cristais de diferente escala, que se formaram em condições distintas. Isso indica que nosso planeta pode ter sofrido uma mudança dramática durante esse tempo.
A esfera central da Terra, que se está a mais de 5.000 quilômetros abaixo do solo, começou a se solidificar há cerca de um bilhão de anos, e continua crescendo aproximadamente 0,5 milímetro por ano.

segunda-feira, 9 de fevereiro de 2015

Le prime immagini di Plutone e della sua luna Caronte



Sono arrivate a Terra le prime immagini di Plutone e della più grande delle sue cinque lune, Caronte. Le ha inviate la sonda New Horizons della Nasa che, dopo aver attraversato il Sistema Solare per nove anni, il 14 luglio sarà finalmente vicina a Plutone e alle sue lune. 
Foto NASA, ESA, M. Buie (Southwest Research Institute)


Le prime immagini catturate dalla sonda sono state pubblicate dalla Nasa e dall'università americana Johns Hopkins in omaggio all'astrofisico Clyde Tombaugh, che nel 1930 scoprì il piccolo pianeta ai confini del Sostema Solare, declassato a pianeta nano nel 2006. Per il responsabile della missione, Alan Stern, del Southwest Research Institute di Boulder, ''queste nuove immagini sono poù brillanti e ravvicinate rispetto a quelle che New Horizon aveva scattato nel luglio scorso''.

Le foto sono state scattate dalla sonda dalla distanza di 203 milioni di chilometri. Queste immagini, le prima a mostrare Plutone non più come un semplice puntino, sono le prime della lunga serie che la sonda si prepara a catturare fino a luglio, quando sarà ormai molto vicina al pianeta nano.


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Ecco l'altra faccia della Luna




Ecco l'altra faccia della Luna. Per tutti coloro che erano curiosi di vederla, la Nasa ha preparato un video utilizzando dati e immagini catturati dalla sonda Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro). 


Grazie alla mappa adesso è possibile vedere le fasi lunari come se da Terra potessimo vedere la faccia nascosta del nostro satellite. "Proprio come accade nella faccia della Luna semore visibile, anche l'altra segue un ciclo completo'', spiega la Nasa. La differenza è piuttosto nelle caratteristiche del suolo, che nel lato nascosto della Luna è costellato di crateri che disegnano grandi macchie scure.
Ci sono crateri di ogni dimensione e la zona più vicina al Polo Sud lunare è considerata ''una delle aree di impatto più grandi e antiche finora note nel Sistema Solare'', osserva la Nasa.


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Sono 100 miliardi i pianeti 'gemelli' della Terra


Una 'astronomica' cifra di cento miliardi: è questo il numero di pianeti, solamente all'interno della nostra galassia, 'gemelli' della Terra e che quindi potrebbero ospitare qualche forma di vita. A farne la stima è Tim Bovaird, dell'Università Australiana Nazionale, in uno studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Astronomical Society utilizzando i dati ottenuti da Kepler, il satellite della Nasacreato proprio per dare la 'caccia' ai pianeti extrasolari.

Per ora i pianeti osservati, al di fuori del nostro sistema solare, sono poco meno di 2000 e di questi si stima che solo una piccola parte, forse inferiore al 20%, possa avere le condizioni giuste per avere acqua in forma liquidi (requisito fondamentale per come conosciamo la vita). Su questi dati ottenuti da Kepler i ricercatori australiani hanno creato dei modelli matematici per cui stimano che i pianeti che si trovano nelle condizioni 'giuste' potrebbero essere solo nella nostra galassia circa 100 miliardi. Una cifra dieci volte superiore rispetto a stime precedenti e che aumenterebbe quindi la possibilità che esistano forme di vita al di fuori della Terra. 

“Tuttavia – ha spiegato Charley Lineweaver, altro responsabile dello studio – l'universo non pullula di alieni con intelligenza umana capaci di costruire radiotelescopi o navicelle spaziali. Altrimenti li avremmo in qualche modo 'sentiti'”. “Potrebbe essere – ha aggiunto – che esista qualche altro collo di bottiglia che ostacoli la nascita della vita e che non conosciamo, oppure considerare che le civiltà intelligenti crescano ma finiscono poi per autodistruggersi”.


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Observatório astronômico em MG é listado entre melhores do mundo

Uma análise do Minor Planet Center (MPC), um órgão da União Astronômica Internacional (IAU) com sede nos Estados Unidos, realizada no ano passado, mostra  uma lista dos melhores observatórios do mundo, que atuam na busca por asteroides e cometas, incluindo observatórios profissionais e amadores. O Sonear, um observatório particular que fica em Oliveira, no Centro-Oeste de Minas Gerais, está entre os 12 da lista.
Segundo um dos idealizadores e pesquisadores do projeto, João Ribeiro Barros, a análise leva em conta a produção do observatório. "Isso engloba não só descobertas de asteroides, como também acompanhamento de outros astros já descobertos e a confirmação de descobertas recentes de astrônomos do mundo inteiro. O trabalho não é só descobrir. Temos que monitorar os corpos celestes que já são conhecidos, inclusive, para saber se eles oferecem risco de colisão com a terra", contou.
Astrônomos Cristóvão Jacques e João Ribeiro de Barros (Foto: Anna Lúcia Silva/G1)
Sonear
O Sonear é um observatório que foi construido e planejado por João e dois mineiros de Belo Horizonte, Eduardo Pimentel e Cristóvão Jacques. A primeira descoberta do trio, em janeiro de 2014, foi o cometa Sonear C/2014 A4, que levou o nome do observatório. Após a descoberta, o G1foi até a cidade conhecer o local e saber como é a rotina de pesquisa dos astrônomos amadores que descobriram o astro celeste.

A descoberta de 2014, foi a  primeira feita por brasileiros a partir de observações feitas no país e com equipamentos brasileiros. Mas as descobertas não pararam por aí. Em um ano, há muito o que se comemorar. Recentemente, no início de janeiro de 2015, o grupo encontrou  um novo asteroide que faz parte de um grupo potencialmente perigoso, o Potentially hazardous object (PHA). "É considerado um dos mais  próximos dos próximos e, é o terceiro desse tipo, já descoberto pelo Sonear. Dos 12 asteroides que chamamos de Near Earth Object  (NEO), que oferecem  risco de colisão, três são potencialmente perigosos mas não estão em rota de colisão”, explicou João Ribeiro.
Ainda segundo João Ribeiro, o asteroide deve passar a 1,5 milhão de quilômetros da terra. "Esse é a distância mais próxima. Isso quer dizer um décimo da distância da terra ao sol, que dá 150 milhões de quilômetros em média", disse.
João comentou ainda que o asteroide, batizado com o código 2015-DL311, vai passar de raspão não só pela Terra, como também por Mercúrio, Vênus e Marte. "De Mercúrio, ele vai passar a seis milhões de quilômetros. Vênus, três milhões. De marte, a 750 mil quilômetros", explicou o pesquisador.
Pesquisas em Oliveira
As pesquisas no Sonear começaram há cerca de um ano e foi pela facilidade de ver o céu com pouca poluição luminosa que os amadores escolheram a cidade de Oliveira para as pesquisas. "Queríamos um céu livre de poluição luminosa presente em grandes centros. Aliado a isso, eu havia comprado essa propriedade justamente para construir o observatório. Em seguida, convidei meus dois colegas e parceiros para, juntos, darmos continuidade ao projeto, que é destinado a pesquisas científicas", contou Ribeiro.


A equipe realiza uma espécie de patrulha no céu e é através de fotos tiradas em tempos variados que eles analisam os corpos celestes. "O telescópio fica programado todas as noites para fotografar o céu. Todos os dias é feita uma programação com agendamentos e a partir dessa agenda é delimitada as áreas do céu, onde o telescópio vai captar as imagens", disse.
O equipamento usado por eles é capaz de fotografar centenas de imagens, três vezes em cada área do céu. "Se há um objeto que se move de maneira diferente e que foge do padrão do restante do céu, passamos a analisá-los. Esses objetos podem ser luzes provocadas por reflexos ou até mesmo algo conhecido. Por isso a ação tem que ser rápida", comentou.
O telescópio é capaz de proporcionar uma visão de 373 mil vezes mais que a visão humana. "O olho humano, em um local ideal e com ausência total de poluição luminosa e com uma visão excepcional, consegue visualizar objetos em magnitude denominada seis. Esse telescópio, que é um olho grande acoplado a uma câmera CCD, consegue visualizar em magnitude 20", relatou João.
Telescópio usado por amadores descobriu primeiro cometa brasileiro (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1)
Telescópio usado por amadores descobriu primeiro
cometa brasileiro (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1)
O  telescópio usado na Austrália tem dois metros de diâmetro, enquanto o que descobriu o C/2014 A4 SONEAR tem 45 centímetros. O cometa está a 900 milhões de quilômetros de distância da Terra. O astro é controlado remotamente, ou seja, de qualquer parte do mundo os astrônomos conseguem acessar os dados via internet.
Equipamento brasileiro
O telescópio que permite as descobertas foi construído no Brasil e com ajuda de um engenheiro e também astrônomo que é amigo dos três pesquisadores: Marcelo Moura. Ele construiu o equipamento a partir do projeto feito por ele e por um dos astrônomos. "Foi um projeto ousado. Não existe nenhum telescópio semelhante em atividade no Brasil", relatou.

O Sonear é o único telescópio que faz patrulhamento do céu no Hemisfério Sul. De acordo com Jacques, dez outros observatórios, sendo quatro deles amadores, fazem varreduras no céu. Os próximos passos, segundo os astrônomos é continuar o monitoramento para refinar os dados da órbita.
Anna Lúcia SilvaDo G1 Centro-Oeste de Minasg1.globo.com

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