segunda-feira, 25 de janeiro de 2016

Quella stella è esplosa di nuovo. Il "replay" della supernova prevista grazie a Einstein

HUBBLE LA STAVA ASPETTANDO, e alla fine è arrivata. Si è mostrata di nuovo. Per la terza volta la sua luce è arrivata fino a noi ma questa volta gli scienziati sapevano dove e quando guardare per osservarla. Parliamo di SN Refsdal, una supernova esplosa più di nove miliardi di anni fa, tanti sono gli anni luce che separano la sua galassia dal nostro pianeta. La storia che sta dietro a questo evento è complessa ma racconta di uno dei più affascinanti fenomeni dell'universo: la capacità della gravità di piegare anche la luce, spiegato e verificato grazie alla teoria di Einstein. Teoria che ha appena compiuto un secolo e che ha permesso agli astronomi, per la prima volta, di predire dove sarebbe riapparsa una di queste gigantesche esplosioni, questo tipo di osservazioni, infatti, sono finora sempre state frutto del caso.


La supernova si fa in quattro. Nel novembre 2014 il telescopio spaziale Hubble ha immortalato un effetto ormai conosciuto come "croce di Einstein".Non era mai successo però che venisse osservato per una supernova. Quattro punti luminosi sono apparsi attorno a una galassia ellittica, lontana cinque miliardi di anni luce. Quelle quattro "nuove" stelle non erano altro che l'immagine dello stesso evento, la cui luce aveva preso quattro strade diverse per arrivare fino a noi.

La lente gravitazionale. La responsabile è proprio quella galassia (situata in un ammasso chiamato MACS J1149.6+2223) la cui azione gravitazionale ha deviato la luce della supernova creando questa specie di 'miraggio cosmico'. Refsdal si trovava lì dietro, quattro miliardi di anni luce più lontana, sulla stessa linea dell'osservatore (che siamo noi), perciò dalla Terra abbiamo potuto assistere a questo effetto di "gravitational lensing".

La previsione. La scoperta casuale ed eccezionale ha però avuto un seguito ancora più intrigante. Gli scienziati di Berkeley, infatti, hanno potuto calcolare, con buona approssimazione, quando e dove la luce di quella stessa supernova sarebbe riapparsa. Come rivedere l'evento al replay o, meglio, in differita. A tutti gli effetti un "ritardo del segnale".

Per riuscirci hanno utilizzato sette diversi modelli teorici di quel cluster di galassie responsabile dell'effetto gravitazionale con i dati raccolti da diversi telescopi: Hubble, Vlt, Muse e Keck. Il 'responso' è apparso in uno studio la cui prima firma è dell'italiano Tommaso Treu, pubblicato sul sito del telescopio Hubble a ottobre 2015.

La conferma dall'osservazione. Proprio dalla fine di ottobre Hubble ha ricominciato a scrutare periodicamente quell'angolo di cielo fino a che quello che si attendeva non è accaduto. Refsdal è riapparsa, in un altro punto, nella stessa zona di cielo, l'11 dicembre. La spiegazione sta della diversa distribuzione della massa all'interno di quel cluster, che ne ha deviato la luce attraverso lunghezze d'onda e percorsi differenti, più lunghi, 'piegandola' e indirizzandola verso di noi. Un'altra prova del fatto che la luce ha velocità finita.

C'è di più, i calcoli sono anche risaliti indietro nel tempo. Se avessimo rivolto l'occhio di Hubble sullo stesso punto, avremmo potuto ammirarla per la prima volta nel 1998.

Questo successo apre la strada anche a nuovi studi che riguardano uno degli elementi più misteriosi che compongono l'universo: la materia oscura, grazie al programma di Hubble Frontier Fields, che studia proprio il fenomeno della lente gravitazionale per spingere le nostre osservazioni alle soglie dei Big Bang.


www.repubblica.it

A misteriosa estrutura espacial gigante invisível que intriga astrônomos

Da BBC

Image copyrightAlex Cherney
Image captionEstrutura misteriosa foi detectada pela primeira vez há 30 anos
Com ajuda do telescópio gigante CSIRO, o astrônomo australiano Keith Bannister passou a vasculhar o céu todas as noites em busca de uma fonte eletromagnética na constelação de Sagitário.
Ele procurava por algo na Via Láctea que fosse como uma lente transparente que distorcesse o que estava atrás dela.
E, assim, acabou encontrando uma gigantesca estrutura invisível, cuja existência só havia sido insinuada em algumas poucas ocasiões e por acidente.
Uma entidade transparente que flutua em nossa galáxia e que poderia ser a chave para resolver um dos grandes mistérios do universo.
"Para começar, não tínhamos ideia de como encontrar essa coisa. Só sabíamos que era um velho problema e que ninguém havia conseguido resolver de fato", conta Bannister.
Trata-se de uma massa do tamanho da órbita da Terra ao redor do Sol e que pode estar a cerca de 3 mil anos luz de distância.
Segundo Bannister, esses "vultos" estão no fino gás que está entre as estrelas de nossa galáxia.
"São como um taça de vidro. Se olhar através deles, o que está atrás fica distorcido", acrescenta.
Descoberta
A primeira vez que se tomou conhecimento destas estruturas foi nos anos 1980. Astrônomos observavam diariamente uma galáxia distante e viram como ela se comportava de uma forma estranha.
"Ela ficava mais e menos brilhante", conta Bannister. "No fim, não era a galáxia que se comportava assim, mas algo que estava em nossa galáxia e que funcionava como uma lente."
O tempo passou, a tecnologia avançou, e esta equipe de cientistas australianos - que não trabalhou com os pesquisadores de 30 anos atrás - "caçou" um destes corpos estranhos.
Seu descobrimento foi publicado neste mês na revista Science. "Isso podia mudar radicalmente as ideias que temos sobre este gás interestelar", diz Bannister.
"Tudo depende do que descobriremos a seguir e da forma exata que tenha."
Se a estrutura for lisa, como uma folha de papel, não será tão relevante. Mas, se for oval, como uma avelã...
"Se tiver esta forma e isso se dever à gravidade, isso poderia ser a solução de um dos grandes problemas da astronomia, que é onde está toda a matéria normal do universo", explica o astrônomo.
Na astronomia, há ao menos dois problemas não solucionados: um é a matéria escura e outro é a matéria bariônica.
"E isso não é matéria escura", garante Bannister.
Image copyrightArtem Tuntsov
Image captionIlustração mostra como seria a matéria transparente encontrada por cientistas

'Grande experiência'

"Os astrônomos pensam que 4% do universo é composto por essência, átomos das coisas com as quais somos feitos, você, eu, a Terra, o Sol... coisas normais", explica.
"O problema é que nós, astrônomos, não podemos encontrar essas coisas normais que pensamos que devem estar por aí. Estão perdidas, e não sabemos onde", destaca.
Se a estrutura que acabam de descobrir tiver a forma de uma avelã ou de uma bola de tênis, então, é provável que toda essa essência ou bárions estejam escondidas dentro destas lentes.
Mas Bannister está cauteloso. "Não estou seguro de nada até que consigamos medi-la."
Por enquanto, ele desfruta da satisfação de ter encontrado essa estrutura que deixam muitos astrônomos, inclusive ele, desconcertados.
"Tenho três filhos e, todo dia, íamos para o telescópio e eu ficava recebendo os dados com meus filhos sentados em meu colo. Eles me perguntavam o que estava acontecendo, e eu mostrava para eles a informação, que eles não compreendiam", relata.
"Mas eu estava emocionado, e eles estavam emocionados por causa dos belos dados que o telescópio nos estava oferecendo. Isso foi uma grande experiência."

Scoperti i buchi neri 'mancanti'

L'unico corpo celeste che potrebbe essere un buco nero di massa intermedia è  HLX-1 (Hyper-Luminous X-ray source 1) (fonte: NASA, ESA, S.Farrell (Sydney Institute for Astronomy, University of Sydney)L'unico corpo celeste che potrebbe essere un buco nero di massa intermedia è HLX-1 (Hyper-Luminous X-ray source 1) (fonte: NASA, ESA, S.Farrell (Sydney Institute for Astronomy, University of Sydney)
Scoperti i buchi neri 'mancanti', ossia i buchi neri di taglia intermedia, piu' grandi di quelli che nascono dalle stelle e piu' piccoli di quelli giganteschi che si trovano al centro delle galassie. Inseguiti da anni, sono stati descritti sull'Astrophysical Journal e individuati grazie ad un Osservatorio Virtuale: una rete di decine di volontari di tutto il mondo che ha utilizzato dati scientifici prodotti dai telescopi spaziali e liberamente accessibili online.

Coordinata da Ivan Zolotukhin, dell'Istituto francese di Astrofisica e Planetologia di Tolosa, la ricerca è riuscita a individuare 98 buchi neri intermedi, almeno 16 dei quali sono associati a galassie. Hanno una massa compresa fra 100 e 100.000 volte quella del Sole e appartengono alla stessa famiglia dei buchi neri che, quando l'universo era molto giovane, hanno generato quelli supermassicci che si trovano al centro delle galassie. ''I buchi neri giganteschi che risiedono al centro delle galassie, la cui massa è un miliardo di volte quella del Sole, non avrebbero potuto formarsi senza di essi in a soli 700 milioni di anni'', ha rilevato Zolotukhin.

In tanti anni di ricerche erano stati scoperti soltanto due buchi neri intermedi, tanto che si pensava fossero rarissimi. Per questo Zolotukhin ha ideato una campagna di ricerca su larga scala. ''L'idea " ha detto - è stata quella di cercarli in un catalogo di sorgenti di raggi X con luminosita' superiore a un certo valore''. Cosi', ha aggiunto ''abbiamo confermato che i buchi neri intermedi esistono e abbiamo dimostrato per la prima volta che sono anche numerosi''.
www.ansa.it

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