sexta-feira, 31 de janeiro de 2014

Nuvole su una stella mai nata

Prima osservazione del 'meteo' di una nana bruna


Mappa delle nubi sulla nana bruna più vicina alla Terra (fonte: ESO) 
 Mappa delle nubi sulla nana bruna più vicina alla Terra (fonte: ESO)
 
Cielo nuvoloso su una nana bruna: per la prima volta è stato osservato il 'meteo' su una di queste stelle mai nate, distante da noi solo 6,5 anni luce. La mappa delle nuvole presenti nell'atmosfera della nana bruna è stata pubblicata sulla rivista Nature dal gruppo coordinato da Ian Crossfield, dell'Istituto tedesco Max Planck per l'Astronomia di Heidelberg.

Le nane brune sono oggetti a metà fra una stella e un pianeta gigante gassoso, come Giove o Saturno. Non contengono una massa sufficiente per dare inizio al processo di fusione nucleare che 'accende' ogni stella e possono emettere solo luce infrarossa. Per questo le nane brune di solito non sono abbastanza luminose da essere osservate facilmente.

Tuttavia il caso della Luhman 16B è diverso perchè questa nana bruna è molto vicina alla Terra e per questo è stato possibile osservarla in dettaglio. A farlo è stato il Vlt (Very Large Telescope), dell'Osservatorio Europeo Meridionale (Eso), in Cile.

Nell'atmosfera della nana bruno sono state identificate grandi macchie chiare e scure, segno della presenza di nubi irregolari. Osservazioni ripetute hanno poi indicato che le condizioni meteorologiche cambiano rapidamente e si evolvono in breve tempo. ''Le osservazioni precedenti - rileva Crossfield - suggerivano che 
le nane brune potessero avere una superficie a chiazze, ma ora possiamo di fatto costruirne una mappa". 

Secondo l'esperto presto sarà possibile osservare perfino il processo di formazione delle nubi, la loro evoluzione e la dissipazione.

Per ottenere la mappa della superficie di Luhman 16B gli astronomi hanno osservato la nana bruna con lo 
strumento Crires, montato sul Vlt. Questo ha permesso non solo di vedere i cambiamenti di luminosità durante il periodo di rotazione, ma gli spostamenti delle strutture chiare e scure. Combinate insieme, tutte queste informazioni hanno permesso di ottenere una mappa completa. Per Crossfield ''è un passo in avanti verso la possibilità di elaborare modelli meteorologici di pianeti esterni al Sistema Solare. E' emozionante- ha detto - che stiamo iniziando a produrre mappe di oggetti che sono al di là del Sistema Solare''.


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quinta-feira, 30 de janeiro de 2014

Il ritratto del Sistema Solare da giovane

Ricostruita la storia della fascia di asteroidi fra Marte e Giove (fonte: NASA/JPL) 
 Ricostruita la storia della fascia di asteroidi fra Marte e Giove (fonte: NASA/JPL)
 
 
Il ritratto più completo del Sistema Solare ancora giovane è raccontato dalla fascia di asteroidi che si trova fra Marte e Giove. La storia delle collisioni avvenute circa 4 miliardi di anni fa, pubblicata sulla rivista Nature, è è la chiave per studiare il processo di formazione degli altri sistemi solari ed è stata ricostruita con il contributo della planetologa italiana Francesca De Meo, che lavora negli Stati Uniti presso lo Smithsonian Center for Astrophysics.

Alla luce delle ricerche condotte finora e analizzate dalla ricercatrice, la ricostruzione indica che gli asteroidi nella fascia principale sono più diversificati in termini di dimensione e composizione rispetto a quanto immaginato finora. Questo implica che vi è stato un forte mix di questi oggetti avvenuto a causa di 'drammatici' processi. Tra questi, la migrazione dalle loro posizioni originarie di dei grandi pianeti come Giove. Questo fenomeno ha avuto un effetto carambola sugli asteroidi, che sono stati scagliati sui pianeti più interni. Questi processi, inoltre, hanno trasportato molti degli asteroidi nelle loro posizioni attuali nella fascia principale.

De Meo e l'altro autore della ricerca, Benoit Carry dell'Osservatorio di Parigi, sottolineano che c'è ancora molto lavoro da fare in questo campo. Oggetti come gli asteroidi sono i mattoni da cui si sono formati i pianeti e sondare il loro interno e la loro storia termica, per esempio, può fornire indizi cruciali sulle condizioni che c'erano durante la formazione dei pianeti.

L'obiettivo finale degli studi sugli asteroidi è comprendere il rapporto che c'è fra questi oggetti e la presenza di alcuni elementi sulla Terra, come per esempio l'acqua, cruciale per la vita. ''La caccia in corso di pianeti simili alla Terra – scrivono gli autori - ha come corollario la caccia negli altri sistemi planetari a eventuali firme di zone come la nostra fascia di asteroidi, per valutare se questa è unica nel Sistema Solare o comune agli altri sistemi''.
 
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Oggi la Luna transita sul Sole

L'eclissi sarà visibile solo dallo spazio


Simulazione del transito della Luna contro il disco solare del 30 gennaio 2014 (fonte: Olivier Fehr) 
 Simulazione del transito della Luna contro il disco solare del 30 gennaio 2014 (fonte: Olivier Fehr)
 
 
Un'eclissi di Sole è attesa oggi, ma sarà visibile solo dallo spazio. La Luna transiterà sul disco della nostra stella alle 14,31 (ora italiana? e nasconderà il 90% del disco solare per circa due ore e mezzo.

''Il transito della Luna sul disco del Sole non è in asse con il nostro pianeta: per questo sarà visibile solo dallo spazio'', spiega l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. ''Dal momento che non coinvolge il nostro pianeta, il fenomeno - aggiunge - non può essere definito eclissi, ma transito lunare'' .

A catturare le immagini del transito della Luna contro il Sole sarà il satellite Sdo (Solar Dynamics Observatory), l'osservatorio solare della Nasa che si trova nella posizione orbitale adatta per osservare il fenomeno ed è pronto a registrarlo. Poichè il satellite è alimentato dai pannelli solari, nelle ore in cui Sole sarà oscurato i responsabili della missione accenderanno le batterie per sopperire al blackout.

Simili transiti, aggiunge Masi accadono alcune volte l'anno: il satellite Sdo ha osservato uno di essi per la prima volta nell'ottobre 2010.



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Pesquisadores criam mapa completo de asteroides entre Marte e Júpiter

Asteroides são elementos com dados sobre a formação de planetas.
Estudo foi publicado na revista científica 'Nature' desta semana.

Da EFE

Pesquisadores da França e dos Estados Unidos elaboraram um mapa completo da localização dos asteroides que ficam no cinturão principal do Sistema Solar, entre Marte e Júpiter, informou o Observatório de Paris em estudo publicado na edição impressa da revista "Nature".

O trabalho, divulgado nesta quinta-feira (30), confirma teorias mais recentes sobre a formação do Sistema Solar, que defendem que todos os elementos que o compõem se deslocaram ao longo da história, embora algumas das observações ainda não possam ser explicadas.

Os asteroides, pequenos fragmentos de rocha e pó, são elementos que fornecem muita informação sobre a formação dos planetas próximos da Terra, por serem restos pouco evoluídos da nebulosa primitiva de 4,5 bilhões de anos, lembraram os dois autores do estudo.

Desde nos anos 80, a comunidade científica internacional defendia que a estrutura do Sistema Solar era estática, ou seja, que os corpos permaneciam na zona onde se formaram, de modo que se podia distinguir entre os mais evoluídos e próximos do Sol e os mais primitivos e afastados. No entanto, esta teoria começou a evoluir a partir de 2000, quando foram detectadas exceções como os asteroides formados em um entorno frio e afastados do sol.
No mapa elaborado pelos cientistas mostram os principais asteroides do Sistema Solar e sua distância do Sol. (Foto: Reprodução/Nature) 
No mapa elaborado pelos cientistas mostram os principais asteroides presentes entre Marte e Júpiter (Foto: Reprodução/Nature)
 
Mapa
Além de traçar o mapa, os astrônomos Benoît Carry, do Observatório de Paris, e Francesca DeMeo, do Instituto de Tecnologia de Massachusetts (MIT), determinaram a composição de cem mil asteroides de mais de cinco quilômetros de diâmetro, a partir de registros fotográficos, e os classificaram em função de seu tamanho e sua posição no sistema solar.

Com estes dados, concluíram que a teoria tradicional continua sendo válida para os asteroides de mais de 50 quilômetros de diâmetro já que, nestes casos, os mais afastados do Sol são também os mais primitivos. 

Por outro lado, nos menores, especialmente aqueles com um diâmetro entre 5 e 20 quilômetros, acontece o contrário e se encontram perto de Marte asteroides mais frios, que habitualmente ficam além da órbita de Júpiter.

Estas observações se ajustam em parte aos últimos modelos teóricos sobre a história do sistema solar, que já assumem que todos seus elementos se movimentaram, incluindo os planetas, e que os asteroides se formaram a diversas distâncias do sol antes de se concentrarem no cinto principal, o que explicaria a grande diversidade.

No entanto, alguns dos detalhes mostrados na nova cartografia, como a presença de corpos frios perto de Marte, ainda não se explicam com as novas teorias.

sexta-feira, 24 de janeiro de 2014

Nasa prevê "grande 2014" com lançamento de 5 missões para estudar a Terra

EFE | Washington 


A agência espacial americana tem pela frente um "grande ano" com o lançamento, pela primeira vez em mais de uma década, de cinco missões para o estudo da Terra, anunciou o diretor da Nasa, Charles Bolden.

A agência, que completou 55 anos de existência, pôs fim em 2011 a sua era das naves, que desempenharam um papel crucial na construção da Estação Espacial Internacional (ISS), e agora começou a compartilhar com empresas privadas os transportes ao posto orbital.
Agência espacial americana pretende lançar cinco missões para o estudo da Terra em 2014. EFE/Arquivo 
 
 
Agência espacial americana pretende lançar cinco missões para o estudo da Terra em 2014. EFE/Arquivo
 
 
 
"Enquanto a Nasa prepara-se para missões futuras a um asteroide e a Marte, agora nos focamos na Terra", disse Bolden em uma declaração distribuída pela agência.

"Este será o ano da Terra e este enfoque no planeta que é nossa pátria fará uma diferença significativa na vida dos povos no mundo todo", acrescentou.

A primeira missão em ciências da Terra da Nasa este ano é o Observatório de Medição da Precipitação Global (GPM), um trabalho conjunto com a Agência de Exploração Aeroespacial do Japão, cujo lançamento está programado para 27 de fevereiro de uma estação japonesa.

A primeira das duas missões de ciências terrestres que a Nasa enviará este ano à ISS, denominada ISS-RapidScat, estenderá o registro de dados dos ventos oceânicos em torno de todo o planeta, um fator-chave na pesquisa do clima e na previsão meteorológica.

Esta missão partirá em junho, segundo a Nasa.

Em julho, será lançado o Observatório Orbital de Carbono, que fará medições precisas do óxido de carbono global, o gás que contribui ao efeito estufa e ao aquecimento da atmosfera.

Para novembro o calendário da Nasa tem previsto o lançamento da base Vandenberg, em um foguete Delta II, da missão de Umidade Ativa Passiva do Solo (SMAP).

A bomba recolherá dados da umidade do solo, com o que ajudará nas previsões da produtividade agropecuária, das condições meteorológicas e do clima.

Em setembro, a nave comercial de reabastecimento da ISS, da empresa SpaceX, levará à estação o instrumento denominado Sistema de Transporte da Nuvem de Aerossol (CATS), que usa três longitudes de onda de laser para estender as observações de satélite das partículas pequenas na atmosfera.

"Em nosso planeta, a Terra, a água é um requisito essencial para a vida e a maioria das atividades humanas", declarou Michael Freilich, diretor da Divisão de Ciência da Terra na Nasa.

"Devemos entender os detalhes de como a água se movimenta dentro e entre a atmosfera, nos oceanos e na terra se queremos prever as mudanças em nosso clima e a disponibilidade dos recursos de água", finalizou.

Astrônomos falam de descoberta de cometa 'Sonear' em Oliveira, MG

Amadores realizam trabalho de monitoramento do céu há um mês.
Descoberta foi reconhecida por órgão internacional.

Anna Lúcia Silva Do G1 Centro-Oeste de Minas



Após a descoberta de um cometa em Oliveira, o G1 foi até a cidade conhecer o observatório e saber como é a rotina de pesquisa dos astrônomos amadores que descobriram o astro celeste. Esta foi a primeira vez que brasileiros encontraram um cometa a partir de observações feitas no país e com equipamentos brasileiros. Ele foi visto no último dia 12 e a confirmação feita no dia 16 pela União Astronômica Internacional (IAU, na sigla em inglês).

João Ribeiro de Barros que mora em Oliveira, é um dos astrônomos que descobriu o cometa chamado de C/2014 A4 Sonear, junto outros dois mineiros de Belo Horizonte, Eduardo Pimentel e Cristóvão Jacques. 

O observatório com nome de Sonear, onde o cometa foi descoberto fica a dois quilômetros de Oliveira, em uma zona rural.

Astrônomos realizam descoberta de primeiro cometa brasileiro (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1) 
Astrônomos realizaram descoberta de primeiro cometa brasileiro (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1)
 
Sonear
O observatório Sonear funciona constantemente e é monitorado pelos três astrônomos.O objetivo, segundo João Ribeiro, é descobrir objetos próximos à Terra, como asteróides e cometas. A pesquisa começou há cerca de um mês e foi pela facilidade de ver o céu com pouca poluição luminosa, que os amadores escolheram a cidade de Oliveira para as pesquisas. “Queríamos um céu livre de poluição luminosa presente em grandes centros. Aliado a isso, eu havia comprado essa propriedade justamente para construir o observatório, em seguida convidei meus dois colegas e parceiros para, juntos, darmos continuidade ao projeto que é destinado a pesquisas científicas", contou.

 Astrônomos Cristóvão Jacques e João Ribeiro de Barros (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1) 
 Astrônomos Cristóvão Jacques e João Ribeiro de Barros (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1)
 
A equipe realiza uma espécie de patrulha no céu e é através de fotos tiradas em tempos variados que eles analisam os corpos celestes. "O telescópio fica programado todas as noites para fotografar o céu. Todos os dias é feita uma programação com agendamentos e a partir dessa agenda é delimitada as áreas do céu onde o telescópio vai captar as imagens", contou.

O equipamento é capaz de fotografar centenas de imagens, três vezes em cada área do céu. "Se há um objeto que se move de maneira diferente e, que foge do padrão do restante do céu, passamos a analisá-los. Esses objetos podem ser um a luzes provocadas por reflexos, ou até mesmo algo conhecido. Por isso a ação tem que ser rápida”, comentou.

O telescópio é capaz de proporcionar uma visão de 373 mil vezes mais que a visão humana. “O olho humano ideal em um local ideal e com ausência total de poluição luminosa e com uma visão excepcional consegue visualizar objetos em magnitude denominada seis. Esse telescópio, que é um olho grande acoplado a uma câmera CCD, consegue visualizar em magnitude 20”, relatou João.
 
Ficamos imensamente felizes em contribuir com uma descoberta tão importante para a ciência"
Astrônomo João Ribeiro
 
Surpresa
Os pesquisadores não esconderam o orgulho e a surpresa em terem encontrado o cometa. João Ribeiro disse ao G1, entre risos, que ainda não se acostumou com a ideia. "Trabalhamos como voluntários e não temos os mesmos equipamentos das grandes universidades e institutos de pesquisa. O avanço da tecnologia possibilitou diminuir a distância entre o astrônomo profissional e o amador, portanto consideramos isso um feito e ficamos imensamente felizes em contribuir com uma descoberta tão importante para a ciência", contou.

Descoberta
Jacques comentou também que levou tempo para chegaram à conclusão de que se tratava realmente de um cometa. "Minha dúvida foi em relação ao objeto. Ele tinha características de um asteróide, por isso me questionei e enviamos as imagens para o Minor Planet Center da IAU para que eles também pudessem checar", ressaltou.
Telescópio usado por amadores descobriu primeiro cometa brasileiro (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1)Telescópio usado por amadores descobriu primeiro
cometa brasileiro (Foto: Anna Lúcia Silva/ G1)
 
O Minor Planet Center (Centro de Planetas Menores) da IAU recebeu as informações para que outros astrônomos do mundo  pudessem verificar a existência do objeto. “Eles jogam as informações na rede e visualizam o objeto e tentam confirmar a descoberta. Neste caso, Ernesto Guido, que é italiano, foi o primeiro a nos confirmar esse cometa usando um telescópio na Austrália, em seguida a descoberta também foi confirmada nos Estados Unidos (EUA). A partir da confirmação nos EUA,  tivemos certeza que se tratava de um cometa", contou.

O  telescópio usado na Austrália tem dois metros de diâmetro, enquanto o que descobriu o C/2014 A4 SONEAR tem 45 centímetros. O cometa tem aproximadamente 20 km de diâmetro e está a 900 milhões de km de distância da Terra. O astro é controlado remotamente, ou seja, de qualquer parte do mundo os astrônomos conseguem acessar os dados via internet.
 
Equipamento Brasileiro
O telescópio que possibilitou a descoberta foi construído no Brasil e com ajuda de um engenheiro e também astrônomo que é amigo dos três pesquisadores, Marcelo Moura. Este construiu o equipamento a partir do projeto feito por ele e por um dos astrônomos. "Foi um projeto ousado. Não existe nenhum telescópio semelhante em atividade no Brasil", relatou.

Além de todos os pontos positivos da descoberta, o Sonear é o único telescópio que faz patrulhamento do céu no hemisfério Sul. De acordo com Jacques, 10 outros observatórios, sendo quatro deles amadores, fazem varreduras no céu.

Os próximos passos segundo os astrônomos é continuar o monitoramento do C/2014 A4 Sonear para refinar os dados da órbita e a partir disso será possível saber onde o novo cometa vai estar e onde ele passará.

Ainda segundo Jacques, o novo cometa deve passar a 435 milhões de quilômetros da terra no dia 10 de outubro de 2015.
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Sistema de monitoramento do céu mostra que o Sonear é o único no hemisfério Sul a realizar patrulhamento (Foto: Cristóvão jacques/Reprodução ) 
Sistema de monitoramento do céu mostra que o Sonear é o único no hemisfério Sul a realizar patrulhamento (Foto: Cristóvão Jacques/Reprodução )
 

quinta-feira, 23 de janeiro de 2014

Scoperta una supernova

La supernova SN 2014J fotografata dall'astrofisico Gianluca Masi con il Virtual Telescope (fonte: Gianluca Masi, The Virtual Telescope Project)      
 La supernova SN 2014J fotografata dall'astrofisico Gianluca Masi con il Virtual Telescope
(fonte: Gianluca Masi, The Virtual Telescope Project) 
 
E' esplosa nell'Orsa Maggiore ed è la più vicina osservata negli ultimi 27 anni, la supernova appena scoperta dal gruppo di studenti dell'osservatorio dell'University College di Londra, coordinato da Stephen J. Fossey. ''La supernova è distante circa 12 milioni di anni luce ed è così brillante che è possibile osservarla anche con un piccolo telescopio'', ha detto l'astrofisico Gianluca Masi, che ha nelle ore successive alla scoperta ha confermato l'osservazione con il Virtual Telescope, del quale è responsabile.

Foto Virtual Telescope E' la supernova più vicina dopo la 1987A esplosa il 23 febbraio 1987 nella Grande Nube di Magellano e la SN 1993J, esplosa 21 anni fa nella galassia M81. Identificata con la sigla SN 2014J, la supernova è all'interno della galassia irregolare M82, nell'Orsa Maggiore. E' stata individuata il 21 gennaio e nelle ore successive all'annuncio sono arrivare numerose conferme da tutto il mondo.

''Al momento la supernova ha una magnitudine di circa 11, ed è quindi visibile anche con telescopi dal diametro di 10 centimetri, ma nei prossimi giorni - ha osservato Masi - lo splendore dovrebbe salire ancora, rendendola un astro di straordinario interesse anche per gli appassionati''. E' possibile quindi che nei prossimi giorni diventi possibile osservare la supernova SN 2014J perfino con un un buon binocolo.


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sexta-feira, 17 de janeiro de 2014

La strana coppia celeste

Rappresentazione artistica del sistema binario con la stella in rapida rotazione e il buco nero compagno (fonte: Gabriel Pérez - SMM IAC)  
 Rappresentazione artistica del sistema binario con la stella in rapida rotazione e il buco nero compagno (fonte: Gabriel Pérez - SMM IAC) 
 
Scoperta una 'strana coppia' celeste formata da una stella, che ruota vorticosamente su se stessa come una trottola, ed un buco nero 'muto', che non emette cioè raggi X. Questo compagno 'silenzioso' è più piccolo rispetto alla stella e le gira intorno.

Il bizzarro sistema binario, il primo del genere mai osservato, è descritto sulla rivista Nature da un gruppo di astronomi spagnoli guidato da Jorge Casares, dell'Istituto di Astrofisica delle Canarie (Iac) e dell'Università La Laguna, che lo ha scoperto grazie ai telescopi Liverpool e Mercator, dell'osservatorio delle isole Canarie. 
La ricerca ha preso il via da alcuni indizi raccolti dal satellite italiano Agile (Astrorivelatore Gamma a Immagini Leggero), che nel 2010 identificò un'intensa e sporadica emissione di raggi gamma.

La componente principale della 'strana coppia', distante 8.500 anni luce dalla Terra, è una stella piuttosto calda e massiccia, tra 10 e le 16 volte più massiccia del Sole, che ruota ad un ritmo elevatissimo: la velocità di rotazione all'equatore supera il milione di chilometri all'ora. Questa 'trottola' celeste non riesce a trattenere gli strati gassosi più esterni di cui è composta, che così si staccano e vanno ad alimentare un disco intorno al suo equatore.

''Conosciamo già un'ottantina di sistemi binari contenenti una stella di questo tipo e una stella di neutroni, ma questo è il primo in cui l'oggetto compatto è confermato essere un buco nero'', commenta Tomaso Belloni. dell'Osservatorio di Brera dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). ''La sua bassissima emissione in raggi X - aggiunge - indica che la penuria di oggetti di questo tipo è un effetto osservativo. Se Agile non avesse osservato un evento in raggi gamma, il sistema non sarebbe stato studiato e il buco nero non sarebbe stato individuato.

L'importanza della scoperta sta nel fatto che il numero di simili sistemi stellari nella galassia dipende dalla loro evoluzione e queste osservazioni sono il modo più diretto per capirla appieno''.


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quinta-feira, 16 de janeiro de 2014

Astrônomos encontram planeta que orbita ao redor de um gêmeo do Sol

Buscador encontrou três novos planetas ao redor de estrelas.
Planeta em meio a acúmulo de estrelas é raridade, diz cientista.

Agencia EFE

 
Concepção gráfica simula a presença de um dos três planetas encontrados no acúmulo de estrelas Messias 67 (Foto: ESO/L. Calçada/Divulgação) 
Concepção gráfica simula a presença de um dos três planetas encontrados no acúmulo de estrelas Messias 67 (Foto: ESO/L. Calçada/Divulgação)
 
Três novos planetas foram encontrados orbitando ao redor de estrelas no acúmulo Messier, sendo que um deles gira em torno de um gêmeo do Sol, informou nesta quarta-feira (15) o Observatório Europeu Austral (ESO).

A descoberta, realizada mediante o buscador de planetas HARPS que o ESO tem no Chile junto com outros telescópios ao redor do mundo, constitui um marco já que, embora já tenham sido encontrados mais de mil destes exoplanetas fora do Sistema Solar, muito poucos estão situados em acúmulos estelares.

A autora principal do estudo, Anna Brucalassi, do Instituto Max Planck para Física Extraterrestre, situado em Garching, no sul da Alemanha, explicou que "no acúmulo estelar Messier 67 todas as estrelas têm aproximadamente a mesma idade e composição que o Sol".

"Isto proporciona um perfeito laboratório para estudar quantos planetas se formam em um ambiente tão aglomerado, e se por acaso se formam principalmente ao redor de estrelas mais maciças ou menos maciças", declarou a pesquisadora.

Por sua parte, o astrônomo Luca Pasquini, também membro do Instituto Max Planck, afirmou que "os novos resultados contrastam com trabalhos anteriores que não conseguiram encontrar planetas em acúmulos, mas concordam com outras observações mais recentes".

O acúmulo estelar estudado se encontra a uma distância de 2.500 anos-luz na constelação de Câncer e nele há cerca de 500 astros.

Durante o estudo foram descobertos três planetas dos quais dois orbitavam estrelas similares ao sol, enquanto o terceiro girava ao redor um astro gigante vermelho mais evoluído.

Os dois primeiros planetas têm um terço da massa de Júpiter e demoram em orbitar suas estrelas sete e cinco dias, enquanto o terceiro precisa de 122 dias e tem uma massa maior à de Júpiter.

Os pesquisadores comprovaram que o primeiro destes girava em torno de uma das estrelas mais parecidas com o sol encontradas até hoje, além de ser o primeiro gêmeo solar achado em um acúmulo de estrelas que contém um planeta.

Nasa divulga nova imagem da nebulosa de Orion

Aglomerado fica a 1.500 anos-luz de distância.
Imagem foi captada pelo telescópio espacial Spitzer.

Do G1, em São Paulo


Imagem da Nasa mostra a nebulosa de Orion (Foto: NASA/JPL-Caltech/Divulgação) 
Imagem da Nasa mostra a nebulosa de Orion (Foto: NASA/JPL-Caltech/Divulgação)
 
A Nasa divulgou nesta quarta-feira (15) uma imagem capturada pelo telescópio espacial Spitzer da Nebulosa de Orion, localizada a cerca de 1.500 anos-luz de distância. Com ajuda de raios infravermelhos, o telescópio conseguiu captar imagens e cores de astros de 40 anos-luz de toda a região.

Os pontos em vermelho revelam as estrelas em processo de formação, enquanto que a parte mais brilhante da nabulosa mostra o Trapézio Cluster, onde ficam as estrelas jovens de Orion.

sexta-feira, 10 de janeiro de 2014

Buraco negro deve devorar nuvem de gás, sua 'maior refeição' em séculos

Fenômeno raramente é observado; eles esperam ver 'fogos de artifício' surgindo no processo.

Da BBC
Astrônomos fizeram uma animação de como seria o fenômeno em que buraco negro engole nuvem de gás (Foto: ESO/MPE/M.Schartmann) 
Astrônomos fizeram uma animação de como seria o fenômeno em que buraco negro engole nuvem de gás (Foto: ESO/MPE/M.Schartmann)
 
Astrônomos estão se preparando para observar o fenômeno de um buraco negro engolindo uma nuvem de gás dentro da Via Láctea.  Veja o vídeo com a animação que mostra como seria o fenômeno.

A expectativa dos cientistas é de que "fogos de artifício" sejam observados no processo. O fenômeno deve acontecer a partir do mês de março, segundo cientistas que participam de um encontro da Sociedade Americana de Astronomia, em Washington.

O fenômeno será capturado por um telescópio da missão Swift, da Nasa, e transmitido para o público em geral pela internet.

"Esta pode ser a maior 'refeição' deste buraco negro em centenas de anos", disse Leo Meyer, da Universidade da Califórnia. "Isso pode provocar 'fogos de artifício' - e queremos que todos consigam ver isso."

"Todos querem ver isso acontecer, porque é muito raro", disse Nathalie Degenaar, da missão Swift.

A nuvem de gás tem três vezes a massa da Terra. Ela foi observada pela primeira vez em 2011, rumando em direção ao buraco negro Sagittarius A*.

Hubble faz imagem detalhada do interior de grande 'fábrica de estrelas'



Telescópio espacial registrou aglomerado de mais de 800 mil estrelas.
Elas nascem na Nebulosa da Tarântula, a 170 mil anos-luz da Terra.

Do G1, em São Paulo

 

Imagem feita pelo Telescópio Espacial Hubble mostra a nebulosa Tarantula (Foto: AFP Photo/HO/Nasa/ESA) 
Imagem feita pelo Telescópio Espacial Hubble mostra a Nebulosa da Tarântula
(Foto: AFP Photo/HO/Nasa/ESA)
 
 
Uma imagem divulgada pela agência espacial americana (Nasa) nesta quinta-feira (9) propicia uma visão privilegiada das entranhas da Nebulosa da Tarântula, que abriga mais de 800 mil estrelas jovens e é conhecida como uma "fábrica de estrelas".

A imagem foi possível graças à visão infravermelha do Telescópio Espacial Hubble. Para realizar o feito, de acordo com a agência AFP, foram utilizadas a Câmera de Campo Aberto 3 (WFC3) e a Câmera Avançada para Pesquisas (ACS) do telescópio. As observações fazem parte do "Projeto do Tesouro da Tarântula", que busca mapear e estudar os milhares de habitantes estelares da nebulosa.

Segundo a Nasa, por conter o aglomerado de estrelas observáveis mais próximo a nós, a Nebulosa da Tarântula tornou-se um laboratório para analisar de perto o nascimento das estrelas.

O Hubble é capaz de focalizar estrelas individuais e muitas protoestrelas vermelhas, assim como gigantes vermelhas e supergigantes, possibilitando aos atrônomos um panorama do nascimento e evolução dos astros.

A Nebulosa da Tarântula fica a 170 mil anos-luz da Terra, na Grande Nuvem de Magalhães, uma pequena galáxia satélite da Via Láctea.

"Por causa dos detalhes requintados do mosaico de imagens do Hubble, e de sua grande amplitude, podemos seguir como os episódios de nascimento de estrelas migram pela região através do espaço e tempo", diz a astrônoma Elena Sabbi, do Instituto de Ciência do Telescópio Espacial, em Baltimore.

Telescópio da Nasa capta fenômeno espacial apelidado de a 'mão de Deus'

Imagem foi registrada pelo Telescópio Nuclear Epectrocópico, o NuSTAR.
Trata-se da interação dos restos energizados de uma estrela morta.

Do G1, em São Paulo
Imagem registrada pelo Telescópio Nuclear Epectrocópico, o Nustar, mostra os restos energizados de uma estrela morta, uma estrutura apelidade de “Mão de Deus”, devido ao formato semelhante ao de uma mão. (Foto: NASA/JPL-Caltech/McGill) 
Imagem captada pelo NuSTAR mostra os restos energizados de uma estrela morta, uma estrutura apelida de “Mão de Deus”, devido ao formato semelhante ao de uma mão. (Foto: NASA/JPL-Caltech/McGill)
 
Imagem registrada pelo Telescópio Nuclear Espectroscópico, o NuSTAR, mostra os restos energizados de uma estrela morta, uma estrutura apelidada de “Mão de Deus”, devido ao formato semelhante ao de uma mão.

A fotografia, feita a partir de emissões de raios X, mostra uma nebulosa localizada há 17 mil anos-luz de distância da Terra que é alimentada por um pulsar (estrela morta) chamado de B1509.

O equipamento que captou o fenômeno é da agência espacial americana, a Nasa. Segundo a instituição, um dos grandes mistérios deste objeto é a interação específica das partículas do pulsar, que criam a aparência de uma mão – tratada pelos cientistas como uma ilusão de ótica.

quarta-feira, 8 de janeiro de 2014

In corso una gigantesca eruzione solare

La più potente degli ultimi 10 anni


La macchia solare AR1944, la più grande degli ultimi dieci anni (fonte: Karzaman Ahmad, Langkawi National Observatory)  
La macchia solare AR1944, la più grande degli ultimi dieci anni
 (fonte: Karzaman Ahmad, Langkawi National Observatory)
 
E' in corso una gigantesca  eruzione solare, la più potente degli ultimi dieci anni, e lo sciame di particelle potrebbe investire la Terra il 9 gennaio, dove potrebbe provocare una tempesta geomegnetica. E' quanto emerge dalle stime dell'Agenzia americana per l'atmosfera e gli oceani (Noaa), basate sui dati dell'osservatorio solare Soho, della Nasa (Solar and Heliospheric Observatory).

Foto NASA/SOHO A scatenare l'eruzione solare è stata la macchia chiamata AR1944, comparsa sul Sole il 7 gennaio. Ha una regione attiva è larga più di 200.000 chilometri ed ha emesso un getto di particelle in direzione della Terra, dove i suoi effetti potrebbero farsi sentire il 9 gennaio, con spettacolari aurore polari e probabili tempeste magnetiche che potrebbero mettere a rischio i satelliti per le telecomunicazioni e il funzionamento delle linee elettriche.

La macchia ha prodotto infatti un brillamento di classe X, la più alta su una scala di 5 classi. Secondo le stime del Noaa è del 60% la probabilità che lo sciame di particelle diretto verso la Terra possa provocare tempeste geomagnetiche.
Il Noaa prevede infine con una probabilità dell'80% che ci saranno oggi altre eruzioni di classe M, la terza sulla scala, ed il 50% di ulteriori eruzioni di classe X.


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Nasa prevê 'chuva de ferro derretido' e 'neve' de areia quente em estrela anã

Astrônomos apresentam a primeira 'previsão do tempo' para uma estrela anã marrom.

Da BBC

 

Na imagem acima mostra estrela anã marrom, uma espécie de astro "fracassado" que não adquiriu massa suficiente; na segunda imagem, Ilustração mostra como seria o clima na estrela anã marrom (Foto: Nasa/JPL/University Ontario/BBC) 
A imagem acima mostra estrela anã marrom, uma espécie de astro que não adquiriu massa suficiente; a segunda imagem é uma Ilustração que mostra como seria o clima na estrela anã marrom (Foto: Nasa/JPL/University Ontario/BBC)
 
A primeira previsão do tempo para uma estrela anã marrom acaba de ser divulgada - e os prognósticos não são bons. Astrônomos preveem chuva de ferro derretido e 'neve' de areia quente, com possibilidade de trovoadas e furacões.

Novas observações do telescópio Spitzer, da agência espacial americana Nasa, revelam nuvens turbulentas que circulam ao redor da estrela anã marrom.

Estrelas anãs marrons são consideradas uma espécie de versão 'fracassada' de um astro normal, já que elas não conseguiram adquirir massa suficiente para sustentar o contínuo processo de fusão de átomos.

A previsão meteorológica foi divulgada no 23º encontro da Sociedade Americana de Astronomia, em Washington.
 
'Deixe nevar'
 
É o retrato mais detalhado já feito de um planeta fora do sistema solar.

Ao comentar o estudo, o professor Adam Burgasser, da Universidade da Califórnia, fez uma brincadeira com a canção de jazz "Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!".

"Vamos todos cantar a previsão de nossa estrela anã mais próxima: deixe nevar pedras, deixe nevar areia, deixe nevar minerais", disse Burgasser.

Os astrônomos usaram o Spitzer para analisar 44 estrelas anãs marrons diferentes no sistema de Luhman 16AB - o mais próximo da Terra com presença de estrelas anãs, a 6,5 milhões de anos-luz do nosso sistema.

Eles encontraram evidências de clima em apenas metade delas.

"As tempestades em estrelas marrons são muito mais violentas e variáveis", diz Aren Heinze, da Stony Brook University, de Nova York.

"A chuva é quente demais para virar água. Provavelmente se trata de ferro derretido e silicatos (areia)."

Na medida em que os astros giravam ao redor do próprio eixo, os astrônomos observaram mudanças no brilho da superfície - sinais da existência de nuvens.

"Isso faz de nós 'astro-meteorologistas'. Nós conseguimos prever quão encoberto o tempo ficará, qual será a temperatura e quanto vento haverá em um determinado dia", disse Burgasser.

Os ventos detectados possuem velocidades de 160 a 640 quilômetros por hora. As temperaturas alcançam 1,2 mil graus e há nuvens cobrindo metade da superfície do planeta.

Uma nuvem chega sozinha chega a cobrir 20% da estrela. Astrônomos a compararam com a Grande Mancha de Júpiter, uma gigantesca tempestade que cobre 1% do planeta.

"Ao que tudo indica, a Grande Mancha Vermelha não é tão grande assim", diz Burgasser.

Hubble capta imagens das galáxias mais antigas já vistas no Universo

Elas teriam existido há 13,2 bilhões de anos, segundo cientistas da Nasa.
São menores, mais fracas e mais numeras galáxias já encontradas.

Da Associated Press

 

Imagens do telescópio Hubble mostram as galáxias mais distantes, nos pequenos pontos de cor azul (Foto: AP/ESA/NASA) 
Imagens do telescópio Hubble mostram as galáxias mais distantes, nos pequenos pontos de cor azul (Foto: AP/ESA/NASA)
 
O telescópio espacial Hubble capturou imagens de 58 galáxias distantes que nunca haviam sido vistas anterioremente. Elas teriam existido no universo há 13,2 bilhões de anos, segundo os cientistas da Nasa. Como a luz viaja a quase 10 bilhões de quilômetros por ano, ainda é possível graças à profundidade de captação de imagens da Hubble encontrar estes pontos no universo.

Para captar as imagens, o telescópio espacial foi apontado para uma região do espaço chamada Abell 2744, um aglomerado de galáxias. Segundo a Nasa, são as menores, mais fracas e mais numerosas galáxias jamais vistas no universo remoto, capturadas por exposições profundas da Hubble tiradas em luz ultravioleta.

Os resultados foram apresentados no 223º encontro da Sociedade Norte-Americana de Astronomia, em Washington, na noite desta terça-feira (7). "Gosto de chama-las de amanhecer cósmico", afirmou Jennifer Lotz, astrônoma do Hubble. Os pesquisadores destacaram que naquela época a formação das estrelas era muito mais agitada do que agora.

"Imaginem voltar 500 milhões de anos, depois do Big Bang, e olhar para o céu", disse o astrônomo Garth Illingworth, da Universidade da Califórnia, que participou das pesquisas. Ele destacou que as imagens mostram que as galáxias estão mais próximas, são menores, de cor azul brilhante e estão por toda a parte. 

“São provavelmente menores e diferentes que a nossa Via Láctea.".

Nasa mostra em destaque as galáxias do universo mais remoto (Foto: Divulgação/NASA) 
Nasa mostra em destaque as galáxias do universo mais remoto (Foto: Divulgação/NASA)

terça-feira, 7 de janeiro de 2014

Scoperta una 'fabbrica di polveri' in una supernova

Rappresentazione artistica della Supernova 1987A. In rosso le zone interne e fredde del resto della stella esplosa, blu e bianco indicano l'onda d'urto della supernova in collisione con gli strati di gas esplusi dalla stella prima della potente detonazion 
Rappresentazione artistica della Supernova 1987A. In rosso le zone interne e fredde del resto della stella esplosa, blu e bianco indicano l'onda d'urto della supernova in collisione con gli strati di gas esplusi dalla stella prima della potente detonazion
 
La fabbrica di polveri di una supernova getta luce sull'origine delle galassie. La scoperta, dell'Osservatorio Europeo Meridionale (Eso) è è in via di pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal Letters e si deve al telescopio Alma, al quale l'Italia partecipa attraverso l'Eso e con la Thales Alenia Space, che ha realizzato parti delle antenne.

Il telescopio dell'Eso ha catturato per la prima volta i resti di una recente supernova, chiamata Sn1987A, ricca di polveri, situata nella Grande Nube di Magellano, a circa 160.000 anni luce dalla Terra. Se una quantità sufficiente di queste polveri riuscisse a completare il rischioso passaggio verso lo spazio interstellare, potrebbe spiegare come molte galassie abbiano acquisito il loro aspetto scuro e 'polveroso'.

Le galassie infatti possono essere luoghi decisamente polverosi e si pensa che le supernovae siano una delle principali fonti di questa polvere, soprattutto nell'Universo primordiale. Ma finora le dimostrazioni dirette della possibilità di produrre polvere da parte delle supernovae sono state poche e non erano in grado di giustificare le abbondanti quantità di polvere viste nelle galassie giovani e distanti.
 
''Abbiamo trovato una massa di polvere incredibilmente grande concentrata nella zona centrale del materiale espulso da una supernova relativamente giovane e vicina'', ha detto uno degli autori, Remy Indebetouw, dell'Osservatorio Nazionale di Radioastronomia degli Stati Uniti e dell'università della Virgina, entrambi con sede a Charlottesville. ''È la prima volta - ha aggiunto - che siamo in grado di produrre un'immagine della zona in cui si forma la polvere, un passo importante per comprendere l'evoluzione delle galassie''. Gli astronomi hanno previsto che quando il gas si raffredda dopo l'esplosione, si formano grandi quantità di polvere poiché gli atomi di ossigeno, carbonio e silicio si legano tra loro nelle regioni interne e fredde del resto di supernova.


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Super-terras têm pouca semelhança com nosso planeta, dizem cientistas



Em conferência, astrônomos afirmam que nosso planeta é 'único'.
Já foram catalogados 3 mil exoplanetas com chance de vida extraterrestre.

Da France Presse

 

Concepção artística de um exoplaneta passando perto de sua estrela (Foto: Nasa/ESA/G. Bacon) 
Concepção artística de um exoplaneta passando perto de sua estrela (Foto: Nasa/ESA/G. Bacon)
 
 
Os astrônomos os chamam de super-terras e eles são abundantes fora do nosso sistema solar, mas quanto mais os cientistas aprendem sobre eles, mais nosso planeta parece um "estranho no ninho" quando comparado.

Acredita-se que planetas do tamanho da Terra ou até quatro vezes maiores representem três quartos dos planetas candidatos a ter condições favoráveis à vida descobertos pelo telescópio espacial Kepler, da agência espacial americana (Nasa).

Até agora, os astrônomos catalogaram cerca de 3.000 destes planetas na esperança de que possam indicar a existência de vida fora da nossa galáxia.

Mas especialistas reunidos em um encontro da Sociedade Astronômica Americana nos arredores de Washington afirmaram nesta segunda-feira (6) que embora os exoplanetas sejam comuns, eles têm pouca semelhança com a Terra.

"Nosso sistema solar parece ser diferente. Todos estes planetas que a Kepler descobriu são estranhos", disse Yoram Lithwick, da Universidade Northwestern. "De 20% a 30% de todas as estrelas têm estes planetas malucos", acrescentou.

Excesso de gás
Super-terras e mini-Netunos que têm mais de duas vezes e meia o raio da Terra "devem ser cobertos com montes e montes de gás, o qual é o resultado mais surpreendente", afirmou Lithwick.

Ele estudou cerca de 60 destes planetas e descobriu que provavelmente eles se formaram "muito rapidamente depois do nascimento de sua estrela, enquanto ainda havia um disco gasoso ao redor da estrela". "Em comparação, acredita-se que a Terra tenha sido formada muito depois de que o disco de gás desapareceu", acrescentou.

Não apenas muitos destes planetas são mais quentes do que a Terra, com há uma quantidade de gás enorme cobrindo seu núcleo rochoso resultando em pressão atmosférica extrema. "Aqui na Terra seria como estar sob 10 oceanos", afirmou Geoff Marcy, da Universidade da Califórnia em Berkeley.
 
Vida fora da Terra?
Consultado se seria possível encontrar vida nestas condições, Marcy disse aos jornalistas ter feito a mesma 
pergunta a alguns de seus amigos especialistas em biologia. Resumidamente, eles não têm certeza, afirmou. "Não é impossível", estimou. 'Nós sabemos muito pouco sobre como a vida começou e em quais ambientes pode florescer'.

O telescópio Kepler foi lançado em 2009 em uma missão de busca de planetas similares à Terra ao observar seu trânsito ou ofuscamento diante da luz, à medida que passam em frente a suas estrelas.

Ele não está mais completamente operacional, tendo perdido a tração em duas de suas quatro rodas de orientação no ano passado, mas astrônomos esperam que consiga continuar enviando observações limitadas de mundos distantes.

Ilustração mostra o telescópio espacial Kepler (Foto: Nasa) 
Ilustração mostra o telescópio espacial Kepler (Foto: Nasa)
 

sábado, 4 de janeiro de 2014

Nasa registra duas explosões solares na virada do ano

Explosões ocorreram no dia 31 de dezembro e 1º de janeiro.
De nível médio, elas não afetam seres humanos na Terra, diz Nasa.

Do G1, em São Paulo

 

Explosão solar de 1 de janeiro foi reistrada pela Nasa (Foto: NASA/SDO) 
Explosão solar de 1º de janeiro foi reistrada pela Nasa (Foto: NASA/SDO)

No dia 31 de dezembro de 2013, às 19h58, e no dia 1º de janeiro de 2014, às 16h52 (horário de Brasília), a agência espacial americana (Nasa) registrou duas explosões solares de nível médio.

As erupções solares são emissões súbitas de radiação na superfície da estrela. Elas disparam bilhões de toneladas de partículas no espaço, que podem viajar a grandes velocidades.

A explosão solar que ocorreu no último dia de 2013 foi classificada como M6.4. Já a explosão do primeiro dia de 2014 teve classificação M9.9. As labaredas da classe M são consideradas a mais fracas a causar algum tipo de efeito meteorológico espacial perto da Terra. As duas explosões emergiram da mesma região ativa do Sol, chamada de AR1936.

As imagens foram registradas pelo Observatório de Dinâmica Solar (SDO, na sigla em inglês) da Nasa, que mantém uma constante vigilância do Sol, coletando dados a cada 12 segundos, segundo informações da agência.

De acordo com a Nasa, a radiação prejudicial de uma explosão solar não afeta fisicamente os seres humanos na Terra, mas pode deturpar a atmosfera em uma camada em que os sinais de comunicação e de GPS circulam. A radiação também interrompe sinais de radio pelo período em que a explosão solar ocorre.


Nasa registrou exploão solar no dia 31 de dezembro de 2013  (Foto: NASA/SDO) 
Nasa registrou exploão solar no dia 31 de dezembro de 2013 (Foto: NASA/SDO)

sexta-feira, 3 de janeiro de 2014

La «maledetta» cometa di Halley: ora causò anche la peste a Bisanzio

La storica cometa di Halley, la prima a essere stata individuata come un astro a ritorni periodici dall’astronomo che nel Settecento le diede il nome, non ha mai goduto di buona fama. Alle sue apparizioni, ogni 76 anni, astrologi e millenaristi hanno attributo sventure d’ogni sorta, soprattutto per regnanti e governanti: dalla sconfitta di re Harold d’Inghilterra nel 1066, alla fatale malattia di Edoardo VII nel 1910. Ora è la ricercatrice americana Dallas Abbott a scagliare sulla povera cometa un’accusa infamante: avere provocato quella che è passata alla storia come «la peste di Giustiniano», una pandemia che devastò l’Impero romano d’Oriente fra il 541 e il 542 dopo Cristo, decimando la popolazione di Bisanzio e di altre grandi città mediterranee e favorendo l’avanzata degli invasori gotici che, a quanto pare, erano geneticamente immuni dal morbo. 


La cometa di Halley
  • La cometa di Halley    
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  • La cometa di Halley
SFERULE COSMICHE - La Abbott è una geologa marina, abbastanza nota fra gli studiosi di scienze della Terra per le sue campagne di esplorazione sui fondali oceanici, alla ricerca dei segni lasciati dagli impatti asteroidali e per i suoi studi sulle correlazioni fra eventi cosmici e cambiamenti climatici. Si è formata al Massachusetts Institute of Technology e poi è passata all’Earth Observatory di Lamont-Doherty nella Columbia University degli Stati Uniti. Nel 2009, studiando alcune carote di antichi sedimenti prelevati nei ghiacci della Groenlandia, Abbott ha scoperto un livello, databile dal 533 al 540 d. C., ricco di «sferule cosmiche»: palline di dimensioni submillimetriche derivanti dall’improvvisa fusione e quindi solidificazione di composti silicatici e metallici. Le sferule si trovano spesso attorno ai crateri scavati dai meteoriti, dove gli impatti generano istantaneamente altissime temperature e pressioni, scaraventando in aria miriadi di frammenti che poi ricadono a terra. Mescolati alle sferule, la Abbott ha trovato pure gusci di diatomee e silicoflagellati marini. 

ASTEROIDE E PESTE - Già quattro anni fa la scoperta di Abbot diede la stura ad alcune pubblicazioni scientifiche e storiche che tentavano di stabilire un nesso fra l’eventuale caduta di un’asteroide e la peste che dilagò ai tempi dell’imperatore Giustiniano, ipotizzando che l’impatto avrebbe sollevato una fitta nebbia di detriti rimasti per mesi in sospensione nell’atmosfera, tanto da provocare l’attenuazione della luce solare e l’inevitabile catena:abbassamento delle temperature medie globali (si ipotizza di 3 gradi centigradi), carestie, calo delle difese immunitarie, epidemie e peste. In effetti, alcuni antichi cronisti dell’impero riferiscono, nelle loro storie, del sole che risplendeva pallido come la luna, di un freddo insolito, di invasioni di ratti, insetti e parassiti d’ogni tipo, e di mortalità per la peste che nella sola Bisanzio, tra il 541 e il 542, toccò il picco di 10 mila decessi al giorno, costringendo gli amministratori a far scavare gigantesche fosse comuni e a stipare i cadaveri in torri inutilizzate.
 
HALLEY - Ora la Abbott, durante una riunione dell’American Geophysical Society che si è svolta a metà dicembre, ha spiegato che esistono fondati indizi per attribuire questi eventi catastrofici alla cometa di Halley. Un’accurata determinazione della stagione in cui si formarono le sferule cosmiche trovate in Groenlandia porterebbe infatti al mese di maggio, quando ogni anno si verifica la pioggia di meteore dette «eta aquaridi», correlabili ai detriti sparsi lungo la sua orbita dalla cometa di Halley. I detriti cometari sono, per lo più, granelli di polvere e piccoli sassi, ma la Abbott avanza l’ipotesi che il nucleo della Halley, in uno dei suoi passaggi al perielio, si sia frammentato, lasciandosi dietro un pezzo grande qualche centinaio di metri. Attratto dalla Terra, il frammento di cometa sarebbe precipitato, scavando un grande cratere nel fondo di un oceano e scaraventando in aria polveri rimaste in sospensione per alcuni anni; fra queste le sferule assieme a gusci di microorganismi marini che poi si sono depositati nei ghiacci della Groenlandia.
 
IPOTESI LABILE - L’ipotesi della Abbot è figlia di quel filone di studi che giustamente ricerca possibili correlazioni fra catastrofi terrestri e fenomeni cosmici (filone che negli anni Ottanta ebbe grande fortuna con la teoria dell’estinzione dei dinosauri per colpa di un asteroide killer); ma nel caso della peste di Giustiniano la catena degli eventi appare piuttosto tortuosa e gli indizi che la dovrebbero sostenere molto labili

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Scoperto il primo asteroide del 2014

L'asteroide 2014 AA (fonte: Catalina Sky Survey, Lunar & Planetary Laboratory, University of Arizona)  
L'asteroide 2014 AA
 (fonte: Catalina Sky Survey, Lunar & Planetary Laboratory, University of Arizona)
 
 
E' stato individuato nella notte del primo gennaio, poco prima che entrasse nell'atmosfera: il primo asteroide scoperto nell'anno appena iniziato, chiamato 2014 AA, è un piccolo oggetto dal diametro compreso fra uno e cinque metri ed è stato distrutto nell'impatto.

''Verosimilmente, nessun frammento ha raggiunto il suolo'', osserva l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. ''Tuttavia - aggiunge - questo asteroide è già celebre perchè è soltanto la seconda volta che un oggetto simile viene scoperto poco prima dell'ingresso nell'atmosfera.

''Il primo caso - prosegue - risale al 2008, con l'asteroide 2008 Tc3. Entrambi sono stati scoperti da Richard Kowalski nell'ambito del programma Mout Lemmon Survey, in Arizona''. Sono casi molto diversi dall'asteroide di Chelyabinsk, che nessuno aveva visto avvicinarsi alla Terra.
 
2014 AA è stato scoperto nella notte del primo gennaio, mentre tutti i telescopi erano puntati verso un altro asteroide, 2013 YL2, che oggi raggiungerà la minima distanza dalla Terra. ''2014 AA stato scoperto intorno alle 7 del mattino italiane del primo gennaio, mentre l'ingresso nell'atmosfera sarebbe avvenuto quasi 24 ore più tardi, con margine di incertezza di circa 10 ore'', dice Masi.

Secondo i primi calcoli, eseguiti da Bill Gray, del Minor Planet Center degli Stati Uniti, e da Steve Chesley, del programma sui Neo (Near-Earth Object) del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, l'impatto potrebbe essere avvenuto su una regione molto ampia, estesa tra l'America Centrale e la costa orientale dell'Africa. Nel caso improbabile in cui dei frammenti fossero sopravvissuti all'impatto, sarebbero caduti al largo della costa occidentale africana.

www.ansa.it

quinta-feira, 2 de janeiro de 2014

Cientistas identificam possíveis nuvens em planetas distantes

Estudos caracterizam a atmosfera de planetas fora do Sistema Solar.
Resultados foram publicados na revista científica 'Nature'.

Do G1, em São Paulo

Ilustração de um exoplaneta com nuvens em sua atmosfera (Foto: Space Telescope Science Instutute/Divulgação) 
Ilustração de um exoplaneta com nuvens em sua atmosfera 
(Imagem: Space Telescope Science Instutute/Divulgação)
 
 
Dois estudos publicados na edição desta semana da revista científica “Nature” indicam a possível existência de nuvens na atmosfera de planetas fora do Sistema Solar. Segundo os autores, a descoberta é um avanço importante na busca por planetas que, assim como a Terra, reúnam as condições necessárias para serem habitáveis.

As pesquisas foram realizadas por duas equipes distintas, com base em dados obtidos pelo Telescópio Espacial Hubble, da Nasa. Os planetas estudados foram GJ 436B, a 36 anos-luz da Terra, e GJ 1214b, a 40 anos-luz do nosso planeta. Nenhuma das duas atmosferas havia sido caracterizada com sucesso até o momento.

Levando em consideração o tamanho e a massa, os dois planetas são consideravelmente maiores que a Terra – classificada como pequena e rochosa –, mas também são menores que os chamados gigantes gasosos, como Júpiter.

Apesar de identificarem algumas características das atmosferas dos planetas – como a possível presença de nuvens –, os pesquisadores ainda não conseguiram detalhar a composição química dessas atmosferas. Segundo os autores, novos estudos nessa linha são necessários, e um dos principais objetivos é entender até que tamanho um planeta pode ter uma estrutura rochosa, como a da Terra.

Stelle cadenti a sorpresa nel cielo del 2014


Stelle cadenti a sorpresa e tre comete nel cielo del 2014 (fonte: Navicore) 
 Stelle cadenti a sorpresa e tre comete nel cielo del 2014 (fonte: Navicore)
 
Spettacoli imprevisti di stelle cadenti, dovuti alle scie di particelle lasciate in regalo dalle comete passate nel 2013, insieme a tre nuove comete, saranno i protagonisti del cielo del 2014.

Ad aprire l'anno è l'avvicinamento dell'asteroide 2013 YL2, che il 3 gennaio raggiunge la minima distanza dalla Terra (1,4 milioni di chilometri). Nello stesso giorno le Quadrantidi, uno degli sciami più attivi dell'anno, inaugureranno le piogge di meteore.

Il 10 gennaio, spiega l'Osservatorio di Perinaldo (Imperia), è attesa la possibile pioggia di meteore causate dal passaggio della Terra nella scia lasciata dalla cometa Ison, che aveva suscitato tantissime aspettative, ma che non è sopravvissuta all'incontro ravvicinato con il Sole.

Per il 16 gennaio è attesa la luna piena più piccola del 2014 perché si verificherà a poche ore dal punto dell'orbita lunare più distante dalla Terra. In febbraio, il 20 e il 22, la Luna incontrerà Marte e Giove. In primavera si 'accenderà' nel cielo la cometa Panstarrs C/2012 K1, che in ottobre dovrebbe diventare visibile a occhio nudo, mentre in maggio la scia di particelle lasciate dalla cometa 209P/Linear dovrebbe regalare un nuovo spettacolo di meteore.

I pianeti torneranno protagonisti in giugno: primo fra tutti Giove (il 3) con un triplo transito dei satelliti Ganimede, Europa, Callisto sul pianeta: ''sarà l'evento celeste più bello dell'anno'', osserva l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. ''Stando alle previsioni attuali - aggiunge - vedremo, anche con modesti telescopi, le ombre delle tre lune attraversare il disco del pianeta''.

Nel pieno dell'estate, in agosto, dovrebbe essere visibile ad occhio nudo la cometa Oukaimede, mentre fra il 12 e il 13 tornano di scena le meteore, questa volta le Perseidi. Le meteore saranno le regine anche del cielo autunnale e invernale: in ottobre le Draconidi e le Orionidi; in novembre le Leonidi, per chiudere in dicembre con le Geminidi, le stelle cadenti più belle dell'anno per intensità e colori.

In autunno, infine, la cometa Siding Spring, visibile solo con l'aiuto dei telescopi, potrebbe riservare una sorpresa, come osserva l'Unione Astrofili Italiani (Uai): nel suo incontro molto ravvicinato con Marte, previsto per il 19 ottobre, potrebbe schiantarsi sul suolo del pianeta rosso.


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