quarta-feira, 11 de junho de 2014

Ascoltata l'eco della Terra primitiva


È stato ascoltato per la prima volta l'eco della Terra primitiva, ossia della parte del nostro pianeta sopravvissuta intatta alla catastrofica collisione avvenuta 4.5 miliardi di anni fa con un pianeta delle dimensioni di Marte, chiamato Teia. Lo testimonia la ricerca condotta dall'università americana di Harvard, presentata nella conferenza Goldschmidt in corso in California, a Sacramento.

Secondo lo studio, basato sul confronto fra gli isotopi degli elementi presenti nel manto e nella crosta terrestre, a quell'impatto devastante è sopravvissuto un intero emisfero della Terra, mentre l'altro si liquefaceva combinamdosi con i materiali di Teia. 

La teoria viene presentata a pochi giorni da quella che chiama in causa la collisione con Teia per spiegare la nascita della Luna. 

Secondo la teoria finora più accreditata, l'enorme quantità di calore generata dall'impatto avrebbe portato l'intero nostro pianeta a sciogliersi completamente per poi risolidificarsi. I ricercatori di Harvard sostengono invece che da quell'impatto solo una parte della Terra si sia sciolta mentre il restante rimase intatto. A quel tempo la Terra era un proto-pianeta ed aveva un mantello formato da magma liquido. La conferma deriva dal confronto delle analisi isotopiche di alcuni gas nobili provenienti dal profondo del mantello terrestre con quelli presenti in superficie. "L'energia liberata dall'impatto tra la Terra e Teia sarebbe stata enorme, certamente abbastanza per fondere l'intero pianeta. Ma noi crediamo che questa energia non si sia distribuita uniformemente in tutta l'antica Terra", afferma il coordinatore della ricerca, Sujoy Mukhopadhyay, del dipartimento di Scienze della Terra e planetarie di Harvard. "Ciò significa che una parte importante dell'emisfero colpito probabilmente si è completamente vaporizzato, lasciando intatto l'emisfero opposto che, anche se surriscaldato, non avrebbe subito alcuna fusione".


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La Terra è più antica del previsto


La Terra è più antica di quanto si è creduto finora: ha 60 milioni di anni in più, vale a dire che si è formata quando il Sole aveva solo 40 milioni di anni e non 100, come finora ipotizzato. A ricalcolare l'età del nostro pianeta sono Guillaume Avice e Bernard Marty, dell'università francese di Lorraine, a Nancy, che hanno presentato la ricerca alla conferenza Goldschmidt di geochimica in corso in California, a Sacramento.

A rivelare l'età della Terra sono state le 'firme del tempo', ossia i cambiamenti nelle proporzioni dei diversi gas che sopravvivono dai tempi della Terra primordiale.

Avice e Marty hanno analizzato in particolare il gas xeno incastonato in dei quarzi presenti in Sudafrica e in Australia, che erano stati datati, rispettivamente, 3,4 e 2,7 miliardi di anni. Il gas sigillato in questi quarzi si è conservato come in una 'capsula del tempo', permettendo così ai ricercatori di confrontare quei valori antichi dello xeno con quelli attuali. Questa è stata la base per ricalibrare la tecnica di datazione in modo da risalire all'epoca in cui la Terra era giovanissima.

''Non è possibile avere un'idea esatta della formazione della Terra. Tutto quella che la nostra ricerca è in grado di indicare - rileva Avice - è mostrare che la Terra è più anziana di quanto si pensasse di circa 60 milioni di anni''.

I dati basati sulle misure degli isotopi dello xeno permettono infatti di risalire a quello che è considerato l'evento più drammatico nella storia della Terra, ossia l'impatto con il pianeta grande all'incirca come Marte, chiamato Teia, che ha portato alla formazione della Luna. Ciò che emerge è che l'impatto è avvenuto circa 60 milioni anni prima del previsto.


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