terça-feira, 16 de agosto de 2016

O misterioso objeto perto de Netuno que a ciência ainda não consegue explicar

Da BBC

Netuno, em foto capturada pela sona Voyager 2 da Nasa em 1989Image copyrightNASA
Image captionNetuno, em foto capturada pela sona Voyager 2 da Nasa em 1989
Niku significa "rebelde" em chinês. E, agora, é também o nome de mais um mistério a ser desvendado por astrônomos.
Astronômos descobriram um corpo celeste localizado no sistema solar exterior depois de Netuno que se movimenta em uma órbita atípica, numa direção diferente da traçada por planetas ou asteroides que orbitam o Sol.
Segundo a revista New Scientist, o brilho do objeto é 160 mil vezes mais fraco que o de Netuno, o que significa que ele pode ter menos de 200 km de diâmetro.

Mas o grande mistério é de sua órbita, na direção contrária da grande maioria dos objetos do sistema solar - inclusive da Terra. Além disso, orbita um plano que tem uma inclinação de 110º graus em relação ao sistema solar.
Por isso, ganhou o nome de "Niku", rebelde.
"Espero que todo mundo tenha apertado os cintos de segurança, porque o sistema solar externo acaba de ficar muito mais estranho", tuitou a astrônoma Michele Bannister, da Queens University, em Londres.
De acordo com cientistas, sistemas planetários costumam ser planos, já que a nuvens de gás formadoras de estrelas criam um disco achatado de poeira e gás ao seu redor. As forças atuam para que todas as partículas ali girem na mesma direção.
Por isso, para qualquer coisa girar em outra direção ou ter uma inclinação diferente, ela tem que ter sido atingida por um outro objeto. Mas os cientistas ainda não sabem o que pode ter causado o fenômeno nesse caso.
"Sempre que há algo que não conseguimos explicar no sistema solar exterior, é muito interessante porque, de certa forma, está antecipando uma nova descoberta", disse à New Scientist Konstantin Batygin, do Instituto de Tecnologia da Califórnia, nos Estados Unidos.
Uma hipótese que chegou a ser cogitada é a de que o objeto esteja sendo atraído pela mesma força gravitacional que age sobre um grupo de corpos celestes alinhados de forma pouco usual no Cinturão de Kuiper - área no limite extremo do sistema solar após Netuno. Esse grupo seria atraído por um planeta gigante que orbita o sol uma vez a cada 10 mil a 20 mil anos, o hipotético "Planeta Nove".
Mas Niku está perto demais do centro do sistema solar para fazer parte deste grupo.
Também cogitou-se que poderia haver por ali um planeta anão, como Plutão, que ocasionasse esse efeito. Mas, até agora, nada foi descoberto.

Tintarella di Ferragosto anche grazie a stelle e buchi neri

Tintarella di Ferragosto anche grazie a stelle e buchi neri (fonte: ICRAR/Dan Hutton)Tintarella di Ferragosto anche grazie a stelle e buchi neri (fonte: ICRAR/Dan Hutton)
La tintarella di Ferragosto arriva anche grazie a stelle e buchi neri: ad abbronzarci non è solo il Sole ma anche i 10 miliardi di fotoni al secondo provenienti dall'intero universo. Colpiscono la nostra pelle dopo aver viaggiato anche per miliardi di anni e a contarli per la prima volta è stato l'astrofisico Simon Driver, dell'università dell'Australia occidentale, in uno studio pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal. 

Nonostante il numero di fotoni sembri elevato si tratta in realtà di una percentuale piccolissima se confrontata con quelli in arrivo ogni secondo dal Sole, appena 10 bilionesimi (ossia 10 milionesimi di milioni).

Ogni momento la Terra, e quindi anche la nostra pelle, è colpita da un'enorme quantità di piccolissime particelle, per lo più fotoni, che arrivano per gran parte dal Sole ma una piccolissima quantità è anche quella in arrivo dalle altre stelle. Distinguere tra queste quante sono solari e quante quelle generate all'interno dei nuclei di altre stelle lontane oppure provenienti dalle violentissime 'esplosioni' generate dalla materia in caduta all'interno dei buchi neri è molto complesso ma è un dato fondamentale per capire meglio l'evoluzione dell'intero universo. Usando i dati raccolti negli anni da una gran varietà di telescopi, con lunghezze d'onda differenti, tra cui l'europeo Herschel e l'americano Spitzer, i ricercatori sono riusciti per la prima volta a darne una stima piuttosto accurata.


L'energia extra-solare che ogni giorno colpisce la Terra è di 10miliardi di fotoni al secondo, un inezia se confrontato con quelli in arrivo dal sole: 1 quadrilione di fotoni al secondo, ossia 1 seguito da 24 zeri. Un dato importante per lo studio dell'universo ma quasi nulla per la nostra abbronzatura: “per avere una bruciatura – ha spiegato Driver – dovremmo rimanere esposti a queste radiazioni per 10mila miliardi di anni”.

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Fiumi di idrocarburi e canyon sulla più grande luna di Saturno


Fiumi di idrocarburi scorrono nei profondi canyon che si trovano sulla più grande luna di Saturno, Titano. La scoperta, che si deve all'italiano Valerio Poggiali, dell'universita' Sapienza di Roma, è la prima prova diretta sia della presenza di fiumi su Titano, sia di canyon profondi centinaia di metri. Pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters, la scoperta si basa sui dati della missione Cassini, nata dalla collaborazione tra Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi).

E' un passo in avanti nella conoscenza dell'ambiente singolare di questa luna, dal paesaggio che a prima vista ricorda quello della Terra, con montagne, fiumi, laghi e mari. Su Titano, però, scorrono idrocarburi invece di acqua. 

La rete dei canyon che si dirama dal grande mare Ligeia è stata scoperta nel maggio 2013, grazie ai dati ottenuti durante il più vicino dei sorvoli di Cassini. Le immagini inviate a Terra dalla sonda indicavano un reticolo di stretti canali, lunghi mediamente poco meno di un chilometro e profondi fino a 570 metri. In modo simile ai canyon terrestri, primo fra tutti il Grand Canyon, i canali di Titano sarebbero il risultato di una combinazione di due fenomeni: il sollevamento del terreno e una variazione nel livello dei mari. 

Secondo Poggiali "è probabile che la formazione di questi profondi canyon sia stata il frutto della combinazione di questi due meccanismi, ma al momento non e' chiaro in che misura abbiano contribuito. Quello che e' chiaro - ha aggiunto - e' invece che qualsiasi spiegazione dell'evoluzione geologica di Titano deve essere in grado di spiegare come possano essersi formati questi canyon". Ben poco, infatti, si conosce delle forze interne di questa luna di Saturno, e di come la sua attivita' geologica abbia potuto modellarne il paesaggio.


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