sábado, 28 de março de 2015

Europa lança primeiros satélites Galileo desde erro de órbita

FRANKFURT (Reuters) - A União Europeia lançou com sucesso dois satélites de navegação à órbita da Terra na noite de sexta-feira, recomeçando um projeto emblemático após um lançamento mal sucedido em agosto que custou milhões de euros para ser reparado.

Os satélites Galileo, que decolaram do porto espacial da Europa na Guiana Francesa a bordo do foguete Soyuz às 18h46 no horário local, serão parte da alternativa europeia ao Sistema de Posicionamento Global dos Estados-Unidos, amplamente conhecido como GPS.

O projeto multi-bilionário sofreu um revés em agosto, quando dois satélites foram colocados na órbita errada, fato somado a problemas anteriores com atrasos e financiamento e questões sobre se a Europa realmente precisa de um sistema rival de navegação.

Foram precisos meses e numerosas manobras complicadas para colocar os satélites em órbitas mais viáveis.

Os dois satélites lançados na sexta-feira atingiram a órbita a que se destinavam perto dos 23.500 quilômetros acima da terra, cerca de 3 horas e 48 minutos depois do lançamento, disse a Agência Espacial Europeia (ESA, na sigla em inglês) em comunicado neste sábado.

"A implantação da constelação Galileo está recomeçando com esse lançamento bem sucedido", disse Jean-Jacques Dordain, diretor geral da ESA.

O lançamento traz o número de satélites Galileo -- que pesam cerca de 700 quilos cada, equipados com antena e sensores e alimentados por asas solares de 5 metros quadrados -- em órbita para oito, de um total planejado de 30.

(Por Maria Sheahan)


Leia mais: http://extra.globo.com/noticias/mundo/europa-lanca-primeiros-satelites-galileo-desde-erro-de-orbita-15725169.html#ixzz3Vgw8e7sm

quinta-feira, 26 de março de 2015

Risolto il mistero dell'esplosione stellare del 1670

Non era una stella nova, ma i resti di una collisione stellare


La Nova 1670 è in realtà quello che resta di una collisione stellare (fonte: Tomasz Kaminski)



Gli astronomi europei, tra cui Hevelius e Cassini, la videro apparire nei loro cieli nel 1670 e la classificarono come una nuova stella, una 'nova'. Ma le osservazioni compiute con i telescopi di ultima generazione risolvono un enigma che dura da tre secoli: quella che finora è stata considerata la prima esplosione mai registrata di una stella nana è in realtà quello che resta della collisione fra due stelle. 

La scoperta, dei ricercatori coordinati da Tomasz Kaminski, dell'European Southern Observatory (Eso), è pubblicata sulla rivista Nature e costringerà a riscrivere i libri di astronomia.

Hevelius la descrisse come una nuova stella sotto la testa della costellazione del Cigno, anche se gli astronomi la conoscono come Nuova Volpetta 1670. Quando apparve per la prima volta, era visibile a occhio nudo e rimase luminosa per almeno due anni. Poi riapparve e scomparve due volte prima di svanire del tutto.

Anche se l'evento fu ben documentato per la prima volta, gli astronomi dell'epoca non disponevano degli strumenti idonei per risolvere l'enigma rappresentato dal particolare comportamento di quella che sembrava una nova. 

Le nuove osservazioni realizzate con Apex e altri telesconi, che usano misurazioni submillimetriche, hanno dimostrato che le cose sono molto diverse da come si è creduto finora. ''Abbiamo esplorato l'area con onde radio e submillimetriche, scoprendo che i resti circostanti sono immersi in un gas freddo ricco di molecole, con un'insolita composizione chimica'', spiega Kaminski.

I ricercatori hanno visto che la massa di materiale freddo era troppo grande per essere il prodotta dell'esplosione di una nova, e che il rapporto degli isotopi misurati intorno a Volpetta 1670 era diverso da quello che ci aspetta normalmente da una nova. 

Se dunque non era una nova, cosa poteva essere? Da qui la risposta: una spettacolare collisione tra due stelle, più brillante di una nova ma meno di una supernova. Si tratta di eventi molto rari in cui le stelle esplodono per la fusione con un'altra stella, sputando fuori materiale dal nucleo nello spazio, e lasciandosi dietro solo deboli tracce contenute in un ambiente freddo.
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Scoperta la 'voce' delle stelle

Potrebbero cantare come delfini, su frequenze altissime

Scoperta la 'voce' delle stelle (fonte: NASA/C. Reed)


Le stelle ci 'parlano'. O meglio, come le sirene, hanno un loro canto, a frequenze altissime e non udibili dall'orecchio umano nè da qualsiasi mammifero, ma che esiste e ricorda in qualche modo quello emessi da pipistrelli e delfini. Dopo il suono di Saturno spedito a Terra dalla sonda Cassini e i crepitii delle pulsar, gli astrofisici dell'università di York, guidati da John Pasley, hanno dimostrato con un esperimento che tutte le stelle possono emettere delle onde sonore.


Pubblicata sulla rivista Physical Review Letters, la ricerca ha analizzato il movimento del plasma generato da un laser molto intenso. I ricercatori hanno potuto osservare in questo modo un fenomeno inaspettato: il passaggio da zone più dense a zone meno dense del plasma ha generato impulsi simili a onde sonore, un trilionesimo di secondo dopo che il laser colpiva il plasma. Il suono generato è però ad una frequenza così alta, un trilionesimo di hertz appunto, che creerebbe problemi perfino a pipistrelli e delfini ed è vicino alla massima frequenza possibile mai raggiunta in un materiale: ben 6 milioni di volte più alta di quella udibile da qualsiasi mammifero. ''Uno dei pochi luoghi in natura dove crediamo si possa verificare questo effetto - spiega Pasley - è sulla superficie delle stelle.

Quando accumulano nuovi materiali, le stelle generano un suono in modo molto simile a quello che abbiamo ottenuto in laboratorio. Il che significa che le stelle possono cantare, ma dato che il suono non può propagarsi nel vuoto dello spazio, nessuno può sentirle''. La tecnica usata dai ricercatori per osservare le onde sonore in laboratorio funziona in modo simile alla macchina fotografica dell'autovelox ed ha permesso di misurare in modo accurato il modo in cui il fluido si muove nel punto in cui è colpito dal laser su una scala di meno di mille miliardi di secondo.

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Osservata in diretta la nascita di una stella

E' un'eruzione di gas e polveri, somiglierà al Sole


La stella appena nata Hops 383 (fonte: E. Safron et al.; Background: NASA/JPL/T. Megeath, U-Toledo)


Per la prima volta è stata osservata in diretta la nascita di una stella. Il primo 'vagito' di questa stella, destinata a diventare come il Sole, è stato catturato dal telescopio spaziale della Nasa Spitzer. 

La scoperta, pubblicata sul The Astrophysical Journal Letters si deve al gruppo coordinato da Emily Safron, dell’università americana di Toledo. Le immagini mostrano un'eruzione di gas e polveri nel cuore di una nube appena collassata. La stella uscirà dalla sua 'prima infanzia' tra circa 150 mila anni, una fase considerata il primo stadio di sviluppo per stelle come il Sole.

Chiamata Hops 383, la stella neonata è lontana dalla Terra 1.400 anni luce. Si trova vicino alla nebulosa NGC 1977, nella costellazione di Orione, in una regione considerata la più attiva nursery stellare vicina alla nostra galassia, ricca di giovani stelle ancora incorporate nelle loro nubi natali. È stato possibile scovare la stella analizzando 300 bozzoli di gas che racchiudono stelle neonate scoperti dal telescopio spaziale Herschel dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa).

Le stelle, spiegano gli esperti, si formano dal collasso di nubi di gas freddo. Quando la nube collassa sotto il peso della sua stessa gravità, la regione centrale diventa più densa e più calda. Alla fine di questo processo, nasce una stella circondata da un disco di polveri che un giorno potrebbe sviluppare pianeti, asteroidi e comete. Tutto il sistema è incorporato in una fitto guscio di gas e polveri. Ed è proprio il gas che le circonda a far brillare le stelle appena nate. Prima di sviluppare la capacità di generare energia fondendo l'idrogeno in elio nel suo nucleo, i soli neonati brillano grazie all'energia liberata dalla contrazione del gas e delle polveri che li circondano.

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Osservato il respiro dei buchi neri

coperto il 'respiro' dei buchi neri (fonte: ©ESA/ATG medialab)



Osservato il 'respiro' di un gigantesco buco nero che si trova al centro di una galassia: il 'vento' che genera controlla in questo modo la formazione delle stelle. La scoperta, pubblicata su Nature, aiuta a far luce sul ruolo dei buchi neri come 'motori' che influenzano l'intera struttura delle galassie. Il risultato si deve al ricercatore italiano Francesco Trombesi, dell'Universita' del Maryland.

Si ipotizzava da tempo che a governare l'evoluzione delle grandi galassie fossero i giganteschi buchi neri presenti al loro centro: un'ipotesi che aveva pero' bisogno di conferme. Nonostante l'enorme attrazione gravitazionale, i buchi neri non avrebbero infatti la forza sufficiente per influenzare anche le regioni piu' esterne delle galassie, a farlo sarebbe il loro 'respiro'.

A confermarne l'esistenza, rilevando un doppio effetto combinato, e' stato il gruppo di ricerca guidato da Trombesi grazie ai dati relativi alle osservazioni della galassia IRAS F11119+3257 raccolti dal telescopio spaziale Herschel, dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), dal satellite a raggi X Suzaku, della Nasa e dell'agenzia spaziale giapponese Jaxa.

Le osservazioni hanno permesso di vedere contemporaneamente due fenomeni, il 'vento' generato dal buco nero nel momento in cui 'ingoia' la materia che lo circonda e la contemporanea emissione di particelle 'sparate' in tutte le direzioni. Un'azione combinata capace di modellare anche le regioni piu' esterne. Si tratta della prima conferma dell'esistenza di questo doppio fenomeno, finora previsto solo da modelli teorici, che aiuta a svelare i meccanismi che governano la formazione delle stelle all'interno delle galassie.


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Projeto da Nasa prevê envio de submarino para explorar mar de óleo em lua de Saturno


Paul Rincon

Pousar uma sonda na superfície de um cometa foi indiscutivelmente uma das mais audaciosas conquistas espaciais dos últimos tempos.
Mas uma missão que está sendo estudada pela Nasa, a agência espacial americana, pode desbancar esse feito.
Cientistas estão propondo enviar um submarino robô aos mares de óleo de Titã, uma lua de Saturno. Esses mares não são formados por água, mas por hidrocarbonetos como metano e etano.
Esses componentes existem em seu estado líquido naquela lua, onde a média de temperatura é de -180 ºC.
O plano é financiado por uma iniciativa chamada NIAC (sigla em inglês para Conceitos Inovadores e Avançados da Nasa), na qual os cientistas são incentivados a pensar de forma diferente.
"Isto é muito libertador. Você pode deixar sua imaginação correr solta", diz o cientista por trás do projeto, Ralph Lorenz. Ele explicou a ideia no Conferência de Ciência Lunar e Planetária, no Texas, Estados Unidos.
Ele disse acreditar que a missão é possível com os recursos, tempo e tecnologia certos.
Submarinos não tripulados, conhecidos genericamente como UUVs são usados amplamente para propósitos militares e também em buscas, exploração petrolífera e investigação científica. Assim, tecnologias existentes poderiam ser adaptadas para a missão.
NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Foto de Titã, a lua gelada de Saturno, colhida pela missão Cassini em 8 de janeiro de 2015, de uma distância de cerca de 1,9 milhões de quilômetros
Um dos aspectos mais impressionantes da proposta é uma ideia de levar o submarino a Titã usando uma versão da mininave espacial militar americana X-37B.
O submarino seria levado na área de carga da nave não tripulada. Os dois seriam lançados ao espaço em um foguete.
Uma vez em Titã, a espaçonave entraria na atmosfera pastosa da lua.

Frio intenso

O submarino poderia ser levado ao mar de duas formas possíveis. Em uma delas, o X-37B poderia abrir as portas de sua área de carga ainda em voo e liberar o submarino robô.
O aparelho então abriria um paraquedas para pousar na superfície do mar. Esse método já teria sido usado na Terra pelos Estados Unidos para lançar uma MOAB – a bomba não nuclear de maior capacidade explosiva já criada.
A alternativa seria a espaçonave pousar na superfície do mar e então abrir seu compartimento de carga, liberando o submarino antes de afundar.
A lua Titã se assemelha à Terra, porém em uma versão congelada – o que a torna um alvo atrativo para a exploração. Ela já foi visitada pela sonda Huygens, que atingiu a superfície em 2005.
Uma missão chamada Titan Mare Explorer (TiME), na qual Ralph Lorenz esteva envolvido, deveria ter retornado à lua com uma sonda flutuante que pousaria no mar para recolher dados.
A TiME foi um dos três projetos finalistas em um processo de escolha de missão espacial de baixo custo da Nasa (no qual o escolhido foi o projeto InSight, para Marte).
O novo conceito de missão para Titã combina os objetivos científicos da TiME com outros que se tornariam possíveis graças ao uso do submarino.
"Você poderia fazer tudo que uma missão como a TiME poderia ter feito, particularmente no litoral, com medições de tempo e composição da superfície, medição das ondas", disse Ralph Lorenz.
"Mas ela também possibilitaria fazer um mapeamento detalhado do fundo do mar, onde está guardado um registro rico da história do clima de Titã".

Medições

Desenho do submarino que seria usado para explorar Titan (Imagem: NASA/Glenn)
Espaçonave teria que orbitar Titan para possibilitar comunicações entre o submarino e a Terra
Nas regiões costeiras de Titã estão sedimentos deixados para trás quando hidrocarbonetos líquidos evaporam. Eles sugerem que o nível dos mares na lua subiram e desceram periodicamente.
Além disso, apesar dos mares de Titã estarem concentrados na sua parte norte, ciclos naturais determinados pelas propriedades orbitais da lua podem fazer com que esses corpos líquidos se movam entre os polos a cada 30 mil anos.
A exploração do submarino poderia inclusive lançar luz sobre a natureza do fundo do mar de Titã – incluindo a possibilidade de que ele seja formado por uma gigantesca cratera formada por impacto de asteroide.
Os cientistas também querem descobrir se os mares são ou não formados por camadas com diferentes composições de óleo.
O estudo NIAC, que custou US$ 100 mil, não identificou quais instrumentos seriam carregados pelo submarino. Mas um sonar, uma câmera e um sistema para coletar amostras do fundo do mar são candidatos óbvios.
Mas o uso do submarino também traria desafios, como por exemplo um problema enfrentado pelos submarinos militares chamado cavitação – no qual propulsores causam bolhas que acabam sendo captadas pelo sonar. Esse e outros fatores poderiam atrapalhar a leitura de dados pelos equipamentos.
Uma solução seria melhorar o design do submarino ou apenas usar o sonar quando o veículo estiver parado.

Comunicação

As comunicação também terão uma importância vital. O polo norte de Titã tem que estar apontado para a terra, para que as comunicações sejam feitas de forma direta. Porém, esse alinhamento só voltará a acontecer no ano de 2040.
Para realizar a missão antes disso, uma outra espaçonave poderia ficar orbitando Titã para receber os dados do submarino e repassá-los à Terra. Isso possibilitaria o lançamento da missão a qualquer momento, mas também aumentaria consideravelmente seus custos.
A fonte de energia para as espaçonaves também é um problema crucial. Missões espaciais que ocorrem além do cinturão de asteroides estão longe demais para usar a energia solar. Elas precisam usar combustível nuclear baseado em plutônio.
Lorenz disse que se o projeto TiME tivesse sido levado adiante, poderia ser lançado em pouco mais de um ano.
A maior lua de Saturno continua a fascinar e inspirar – o que tornaria o retorno a ela inevitável. E quando isso ocorrer, é bem provável que seja com um submarino.

sábado, 21 de março de 2015

Turistas se reúnem para admirar 'maré do século' na França

Fenômeno é provocado por alinhamento excepcional da Lua e do Sol.
Próxima maré como esta deve ocorrer somente em 2033.


France Presse

Do G1, em São Paulo

Onda atinge costa da comuna de Wimereux, no norte da França (Foto: AFP Photo/Philippe Huguen)



As cidades da costa norte da França se prepararam neste sábado (21) para o fenômeno conhecido como "maré do século". A lua cheia e o eclipse solar se combinaram para criar a maior maré vista desde 1997.
O famoso Monte Saint-Michel, na região da Normandia, na França, foi invadido por turistas. Desde as primeiras horas deste sábado, os visitantes atravessavam a passarela que garante o acesso do continente ao Monte Saint-Michel, segundo a agência France Presse.
Parecido com uma ilha, o Monte Saint-Michel é classificado como patrimônio da humanidade pela Organização das Nações Unidas para a Educação, a Ciência e a Cultura (Unesco) e recebe turistas durante o ano inteiro. Os períodos de maré alta, no entanto, são os mais procurados.
 Monte Saint-Michel é visto ao fundo em foto deste sábado: maré alta deve encobrir ligação de monte com continente  (Foto: AP Photo)Monte Saint-Michel é visto ao fundo em foto deste sábado: maré alta deve encobrir ligação de monte com continente (Foto: AP Photo)
A última "maré do século" foi em 10 de março de 1997 e a próxima será em 3 de março de 2033. E a deste sábado será a mais forte maré do século 21.
Este fenômeno ocorre pela conjunção de diversos fatores astronômicos como o alinhamento dos astros e a distância mais curta entre as órbitas. Isso porque as marés resultam da atração da Lua e do Sol sobre os mares e oceanos.
Com a maré do século, que ocorre a cada 18 anos ou mais, a amplitude das marés (máxima diferença entre maré baixa e alta) ultrapassa os 14 metros.
Saint-Malo
 Pessoas vão à praia da cidade de Saint-Malo para ver as ondas da maré do século (Foto:  AFP Photo/Guillaume Souvant)Pessoas vão à praia da cidade de Saint-Malo para ver as ondas da maré do século (Foto: AFP Photo/Guillaume Souvant)
Na histórica cidade de Saint-Malo, cerca de 20 mil pessoas, de acordo com a prefeitura, se reuniram para assistir a maré alta na parte da manhã. Amontoados na calçada, com botas de borracha e capas, as pessoas imortalizaram com suas câmeras a espuma se elevando acima do dique antes de tomar um verdadeiro banho.
"Não havia muito vento, tomamos um pequeno banho, tudo na medida", comemorou Karine, que veio de Chartres (norte) com toda a família.
Alguns visitantes esperavam mais do fenômeno: "Para a 'maré do século', estou um pouco decepcionado", disse o turista Jean-Bernard Delamarche, em Saint-Malo à agência Reuters.
  visitantes se reúnem para obervar maré na cidade de Wimereux neste sábado  (Foto: AFP Photo/Philippe Huguen)visitantes se reúnem para obervar maré na cidade de Wimereux neste sábado (Foto: AFP Photo/Philippe Huguen)
Pessoas se reúnem para ver a maré em Saint Malo  (Foto: Reuters/Stephane Mahe)Pessoas se reúnem para ver a maré em Saint Malo (Foto: Reuters/Stephane Mahe)
  Visitantes se reúnem na costa da cidade de Biarritz para observar a maré do século neste sábado  (Foto: AFP Photo/Gaizka Iroz)Visitantes se reúnem na costa da cidade de Biarritz para observar a maré do século neste sábado (Foto: AFP Photo/Gaizka Iroz)

sexta-feira, 20 de março de 2015

Com atraso de 4 anos, Câmara aprova adesão do Brasil a megatelescópio

ESO é maior consórcio de pesquisa astronômica do mundo.
Acordo dá oportunidade para brasileiros usarem instrumentos de ponta.


Mariana Lenharo
Do G1, em São Paulo

                                               Concepção artística mostra como deve ser o E-ELT no pico do Cerro Armazones, no Chile (Foto: ESO/L. Calçada)

aprovação pela Câmara dos Deputados nesta quinta-feira (19) da adesão do Brasil ao maior consórcio de pesquisas astronômicas do mundo, o Observatório Europeu do Sul (ESO), veio com mais de quatro anos de atraso. O acordo de adesão do país ao grupo foi assinado em dezembro de 2010 pelo então ministro brasileiro da Ciência e Tecnologia, Sergio Rezende. O projeto segue agora para votação no Senado.   

Ao aderir ao ESO, o Brasil abre para os cientistas brasileiros a oportunidade de usarem telescópios e instrumentos de observação de ponta instalados no norte do Chile.O consórcio é responsável pelo projeto do megatelescópio E-ELT (Sigla para “European Extremely Large Telescope”, ou “Telescópio Europeu Extremamente Grande”), que deve ser o maior telescópio do mundo, com um espelho de 39 metros de diâmetro.

    Em contrapartida, o país deve investir 270 milhões de euros (cerca de R$ 945 milhões).

Para o astrônomo Cassio Barbosa, colunista doG1, trata-se de um bom movimento para a ciência brasileira fazer parte do ESO. “O ESO sempre foi conhecido pelos instrumentos que estão na vanguarda da astronomia”, diz. Ele observa que a participação do Brasil partiu de um convite do grupo. “O convite veio de cima. É como se fosse um atestado de qualidade das pesquisas feitas pelos brasileiros.”
Atraso gera mal-estar
Desde 2010, quando o acordo foi assinado pelo Brasil, cientistas brasileiros já podem pleitear o uso de instrumentos do ESO, segundo Barbosa.

Conjunto de 66 antenas terá capacidade de ver objetos escuros a bilhões de anos-luz (Foto: Dennis Barbosa/G1)
Observatório Alma, no Chile, é um dos
instrumentos ligados ao consórcio ESO
(Foto: Dennis Barbosa/G1)
A questão é que até o momento, o país não pagou a conta por esse uso, o que tem gerado um mal-estar na comunidade científica internacional. “Causa um mal-estar porque o Brasil está devendo. Desde 2011, quando deveriam começar as contribuições, o taxímetro está rodando, são quase 5 anos de atraso”, diz Barbosa.
O astrônomo observa que parte da comunidade científica brasileira tem críticas em relação à adesão ao ESO, pois trata-se de um investimento grande que não garante um tempo fixo de uso dos instrumentos de observação, como acontece em outros consórcios dos quais o Brasil faz parte. Em vez disso, o uso dos instrumentos depende da aprovação do mérito do projeto de pesquisa pelo ESO.
Que pesquisas poderão ser feitas?
Para Barbosa, ter à disposição os instrumentos do ESO pode estimular o desenvolvimento de pesquisas de ponta pelas novas gerações de astrônomos brasileiros. “Podem ser feitas desde pesquisas com objetos de nosso Sistema Solar até pesquisas com o limiar do Universo. O mais produtivo equipamento em terra para detecção de exoplanetas fica em La Silla, que é uma das sedes desse consórcio.”

Ele acrescenta que, quando o E-ELT estiver pronto, ele poderá ser usado para investigar se existe algum planeta que tenha indicativos vida, já que ele será capaz de estudar a atmosfera desses exoplanetas.







Eclissi conclusa, ha dato il benvenuto alla primavera

Eclissi di sole Cagliari
Eclissi di sole Cagliari
 L’eclissi si è conclusa e quasi ovunque ha mantenuto fede allo spettacolo promesso. L’ombra della Luna ha liberato il disco del Sole, che è pronto a salutare la primavera. L’equinozio infatti coincide con l’eclissi ed è previsto nella tarda serata, alle 23,42.
La Luna aveva cominciato a coprire il sole intorno alle 9,30 e un’ora più tardi l’eclissi aveva raggiunto il culmine, compreso in Italia fra il 40% e il 60%. L’eclissi da noi è stata soltanto parziale, mentre la totalità è stata raggiunta solo in alcune zone artiche.

‘’E’ un evento che abbiamo atteso a lungo tutti, astronomi e non’’, ha detto l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. ‘’Oltre ad essere un fenomeno suggestivo – ha aggiunto – l’eclissi è un’occasione preziosa per studiare la parte più esterna del Sole, la corona’’. Questa parte irrequieta del Sole è infatti’’ difficile da osservare in condizioni normali – ha spiegato - perché ha una luminosità molto bassa. L’eclissi è stata perciò un’occasione preziosa per osservarla, con la Luna che ha fatto da schermo naturale’’.

C’è anche un’altra coincidenza a rendere questa eclissi particolarmente interessante ed è il fatto che sia avvenuta a breve distanza dall’importante tempesta solare dei giorni scorsi: ‘’è stata un’attività molto forte, quella che il Sole ha avuto nei giorni scorsi, tanto da provocare aurore visibili anche a latitudini basse. Sarà interessante – ha detto ancora Masi - vedere i dati che emergeranno dalle misure prese oggi. Le immagini della corona sono infatti importanti per conoscere l’attività solare e possiamo considerarle un’istantanea delle condizioni fisiche del Sole’’.


Questa mattina la presenza di qualche nuvole aveva fatto temere di dover perdere l’eclissi. ‘’Eravamo un po’ preoccupati, ma poi il cielo si è liberato e adesso stiamo vedendo uno spettacolo unico’’, ha detto l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. ‘’E’ emozionante vedere il bordo della Luna così netto mentre comincia ad intaccare il disco solare’’, ha aggiunto. Il Sole appare in ‘ottima forma’: anche se non è più esuberante come nei giorni scorsi, sul suo contorno è possibile vedere delle protuberanze, mentre a poco a poco avanza l’ombra della Luna

Da Siracusa a Trento, da Cagliari a Trieste sono almeno un centinaio gli eventi organizzati oggi per godere di questo vero e proprio spettacolo astronomico. Ottime le previsioni meteo, secondo le quali il cielo durante l'eclissi sarà libero dalle nuvole.


Per inviarci le tue foto clicca su internet@ansa.it compilando la liberatoria che trovi nella mail e specificando il tuo nome e il luogo dello scatto

Centinaia gli eventi in programma in tutta Italia da associazioni come l'Unione Astrofili Italiana (Uai), istituzioni di ricerca, gli osservatori dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) ed il Virtual Telescope. L'eclissi sarà totale solo nelle regioni Artichesull'Italia sarà parziale, ma ugualmente spettacolare. La Luna comincerà a coprire il disco del Sole alle 9,23, intorno alle 10,30 è prevista la massima copertura, che sull'Italia sarà poco più del 60% (da un massimo del 67% al Nord fino al minimo del 39% al Sud) e il fenomeno si concluderà intorno alle 11,40

La prudenza è d'obbligo quando si osserva il Sole, che non dovrà mai essere guardato senza proteggere gli occhi in modo adeguato. La prudenza è d'obbligo anche per fotografare l'eclissi e vale la pena rispettare alcune precauzioni fondamentali per catturare immagini spettacolari.
 
Sono almeno 50 gli eventi organizzati solamente dalla Uai, che per l'occasione ha indetto un 'Sun party' in tutte le regioni italiane, dalla Sicilia al Trentino. Ovunque appassionati del cielo e astronomi professionisti metteranno a disposizione di tutti i propri strumenti e le competenze per osservare l'eclissi in tutto il suo spettacolo e in completa sicurezza. Tutti gli eventi Uai sono consultabili sul sito della rete astrofili e sono in costante aggiornamento. 

Numerosissimi anche gli eventi organizzati presso gli osservatori astronomici dell'Inaf, università e piazze. Il Sole nero sarà protagonista anche del primo Festival dell'Astronomia organizzato in Italia, a Campobasso.

A Roma arriveranno le segnalazioni della rete dei telescopi delle scuole che fanno capo al progetto Lauree scientifiche dell'università di Tor Vergata, e almeno 200 bambini saluteranno il Sole nero nell'evento organizzato nel parco dell'Appia Antica dal Virtual Telescope. Qui arriveranno anche le immagini dell'eclissi totale dal Nord Europa e dalle regioni dell'Artico, che saranno ritrasmesse dal Virtual Telescope nella diretta web sul sito ANSA Scienza e Tecnica, in programma dalle 9,00 alle 


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