quarta-feira, 20 de julho de 2016

Il Sole diventa una spettacolare girandola

Il Sole si trasforma in una spettacolare girandola (fonte: NASA’s Goddard Space Flight Center/SDO/Joy Ng)Il Sole si trasforma in una spettacolare girandola (fonte: NASA’s Goddard Space Flight Center/SDO/Joy Ng)
Una capriola di 360 gradi intorno al Sole: l'ha compiuta la sonda Sdo (Solar Dynamics Observatory) della Nasa per misurare la 'rotondità' della nostra stella e calibrare gli strumenti. Nel video realizzato dagli strumenti di bordo e pubblicato sul sito della Nasa il Sole si trasforma in una spettacolare 'girandola' dorata.

La manovra, durata all'incirca 7 ore, aveva lo scopo di studiare con precisione il bordo del Sole, un cerchio quasi perfetto che presenta però alcune quasi impercettibili irregolarità da cui è possibile ottenere molti interessanti dati scientifici sulle violente eruzioni che avvengono sulla superficie della stella. 

Manovre come queste vengono fatte almeno 2 volte l'anno, ma questa volta è stata immortalata dalle fotocamere della sonda, che scattando una foto ogni 12 secondi hanno permesso di fare uno spettacolare video. Visto alla lunghezza d'onda degli ultravioletti estremi (e successivamente colorati in oro) il Sole si è trasformato così in un'enorme girandola dorata. 

Manovre come queste sono necessarie da un lato per calibrare gli strumenti e dall'altro per capire meglio i periodici cicli di attività solare, responsabili di forti emissioni di radiazioni che possono creare disturbi alle comunicazioni e creare pericoli agli astronauti.

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La Nebulosa di Orione è un grande 'vivaio' di pianeti

Panorama dalla nuova immagine infrarossa della Nebulosa di Orione. (fonte: ESO/H. Drass et al.)Panorama dalla nuova immagine infrarossa della Nebulosa di Orione. (fonte: ESO/H. Drass et al.)
La Nebulosa di Orione è un sorprendente vivaio di pianeti: per la prima volta un telescopio, il Very Large Telescope (Vlt) dell'Eso (European Southern Observatory) in Cile, ne ha esplorato l'interno, scoprendo un quadro inimmaginabile di piccole stelle e pianeti nascenti. I dettagli del lavoro, coordinato da Holger Drass, dell'università della Ruhr di Bochum, sono pubblicati sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.


L'immagine spettacolare, la più profonda finora ottenuta della Nebulosa di Orione, mostra la presenza di un numero di stelle nane brune e di oggetti simili a pianeti dieci volte maggiore di quanto si sapesse finora. Una scoperta che mette in forse lo scenario, finora ritenuto valido, di formazione stellare della Nebulosa di Orione, che si estende per 24 anni luce nella costellazione di Orione ed è visibile ad occhio nudo dalla Terra.


''Comprendere quante stelle di piccola massa si trovino nella Nebulosa di Orione è molto importante per definire meglio le attuali teorie sulla formazione stellare'', commenta Amelia Bayo, dell'università di Valparaiso, co-autrice dello studio. Questa nuova immagine ha mostrato un'inaspettata abbondanza di oggetti di massa molto piccola, il che suggerisce che la Nebulosa di Orione possa fabbricare, in proporzione, molti più oggetti piccoli di altre regioni di formazione stellare, più piccole e meno attive. Per capire come si formano le stelle, gli astronomi contano quanti oggetti si formano in regioni come la Nebulosa di Orione. Prima di questa ricerca, gli oggetti più numerosi avevano masse di circa un quarto della massa del Sole: la scoperta di nuovi oggetti ha mostrato invece che ne esistono con una massa molto minore, facendo così ipotizzare che il numero di oggetti di massa planetaria possa essere molto maggiore di quanto finora pensato.

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L’antenato dei buchi neri, è dedicato a Ronaldo

Rappresentazione artistica di CR7, l'antenato dei buchi neri (fonte: ESO/M. Kornmesser)
Rappresentazione artistica di CR7, l'antenato dei buchi neri (fonte: ESO/M. Kornmesser)
Così brillante da essere dedicata a un fuoriclasse come Cristiano Ronaldo, è stata considerata finora una delle galassie più straordinarie mai scoperte, ma potrebbe essere un antenato dei buchi neri: questo corpo celeste misterioso sarebbe nato subito dopo il Big Bang, dal collasso di un'enorme quantità di gas. E' l'ipotesi di tre ricercatori americani, pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Aaron Smith e Volker Bromm, dell'università del Texas ad Austin, e Avi Loeb, del Centro di Astrofisica dell'università di Harvard, hanno formulato l'ipotesi sulla base di una simulazione al computer. L'oggetto misterioso che hanno studiato è stato chiamato CR7, come Ronaldo, proprio per il suo carattere straordinario, ed è lontanissima. Vale a dire che è anche molto antica, nata quando l'universo aveva poco meno di un miliardo di anni. La simulazione ha permesso di osservare che il vento di idrogeno ed elio emesso da questo corpo celeste alla velocità di circa 150 chilometri al secondo potrebbe essere generato dal disco di materia che cade verso il buco nero.

Se l'ipotesi dovesse essere confermata, Cr7 sarebbe un antenato dei buchi neri, nato subito dopo il Big Bang. Questi corpi celesti primitivi sarebbero enormi, con masse centinaia di migliaia di volte superiori a quelle del Sole, e si sarebbero formati così presto che la loro nascita non potrebbe essere avvenuta dal collasso di una stella ma dal collasso diretto di una nube di materia primordiale sprigionata dall'esplosione del Big Bang. 

''Il gruppo americano ha il merito di avere interpretato in modo ragionevole dei dati'' ha osservato Fabrizio Fiore, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), fra gli autori della recente scoperta di altri due antenati di buchi neri. Ma, ha aggiunto, ''non è la prima volta che si ipotizza che questa sorgente sia un buco nero, la prima ipotesi è stata dell’italiano Andrea Pallottini, quando era alla Scuola Normale Superiore di Pisa''. 

Per avere la conferma bisogna aspettare i futuri telescopi spaziali, come il James Webb della Nasa o la missione Athena dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), da 10 a 100 volte più sensibili degli strumenti attuali e che permetteranno di cercare i buchi neri primitivi anche nel vicino infrarosso e nei raggi X.


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40 anni fa il primo veicolo su Marte

Rappresentazione artistica della missione Viking sul suolo di Marte (fonte: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona)
Rappresentazione artistica della missione Viking sul suolo di Marte (fonte: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona)

Esattamente 40 anni fa il primo veicolo costruito dall'uomo si posava sul suolo di Marte. Era la sonda Viking 1 della Nasa. A 7 anni dallo sbarco del primo uomo sulla Luna, arrivavano a Terra le immagini più dettagliate mai viste della superficie marziana, mentre gli strumenti di bordo raccoglievano i primi dati sulla composizione dell'atmosfera e indicavano che Marte non era sempre stato il mondo arido che è oggi.


L'esplorazione del pianeta rosso prosegue ancora oggi, in particolare grazie al rover laboratorio Curiosity che dal 2012 analizza i campioni di roccia e terreno del Cratere Gale per ricostruire il passato geologico marziano e, a breve, con ExoMars, la missione dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) che raggiungerà l'orbita di Marte in ottobre e che nel 2020 invierà un rover. 

Obiettivo della missione, che nel 2020 vedrà in azione un trapano progettato e costruito in Italia, sarà individuare possibili tracce di vita passata nascoste nel sottosuolo. Le due missioni Viking,lanciate a distanza di 20 giorni l'una dalla'latra, inviarono a Terra le prime immagini del pianeta ad alta risoluzione, mostrando l'esistenza di crateri, enormi vulcani e canyon, dimostrando per la prima volta che Marte, oggi un'arida distesa rossa, ospitava una volta grandi quantità di acqua.

Nel febbraio 2021 è infine previsto l'arrivo su Marte della missione Mars 2020 della Nasa. Andrà a cercare tracce di vita passata tra le rocce del pianeta rosso. Il nuovo rover, 'fratello' di Curiosity, sarà equipaggiato con strumenti per la ricerca di forme di vita fossili e per testare la possibilità di produrre ossigeno direttamente su Marte: un passo fondamentale per preparare l'arrivo del primo equipaggio umano su Marte.


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Nasa anuncia descoberta de 104 exoplanetas por telescópio espacial

Da France Presse/G1.globo.com


Concepção artística do telescópio espacial Kepler e dos quatro planetas com tamanhos parecidos com a Terra descobertos em missão (Foto: K2 Nasa/JPL)
Uma equipe internacional de pesquisadores anunciou a descoberta de 104 novos planetas fora de nosso Sistema Solar, incluindo quatro que podem ter superfícies rochosas como a Terra.
Os cientistas descobrriam os exoplanetas usando o telescópio espacial Kepler, assim como observações feitas a partir de telescópios terrestres.
A missão Kepler, de US$ 600 milhões, permitiu que os cientistas descobrissem mais de 4,6 mil planetas - 2.326 confirmados - desde que foi lançada em 2009.
"A diversidade de planetas é assombrosa", disse nesta segunda-feira Evan Sinukoff, astrônomo da Universidade do Havaí, que contribuiu para a pesquisa.
O último achado inclui 21 exoplanetas situados na zona habitável ao redor de suas estrelas: uma distância que permite a existência de água líquida, o que permitiria o desenvolvimento de vida.
Planetas rochosos
Os quatro planetas potencialmente rochosos - que são entre 20% e 50% maiores do que a Terra - orbitam próximos da mesma estrela em um sistema planetário a cerca de 400 anos-luz da Terra. Um ano-luz equivale a cerca de 10 trilhões de quilômetros.

Apesar de os planetas orbitarem sua estrela a uma distância ainda menor do que a que mercúrio orbita nosso Sol, a superfície dos planetas podem ter temperaturas parecidas com a da Terra porque sua estrela é mais fria do que o Sol, segundo os astrônomos.
A missão Kepler têm observado 150 mil estrelas na constelação Cygnus em busca de sinais de planetas orbitando ao redor desses astros, em especial aqueles que podem ter condições de desenvolvimento de vida.
A identificação desses planetas ocorre pela observação da diminuição da luz de uma estrela a cada vez que um planeta passa em frente do astro durante sua órbita.
O telescópio espacial Kepler está atualmente em uma missão chamada K2, para estudar supernovas, aglomerados estelares e galáxias distantes.

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