quarta-feira, 30 de setembro de 2009

"Osservar le stelle": 250 anni di astronomia a Torino



E’ l’Anno Internazionale dell’Astronomia proclamato dalle Nazioni Unite ma per Torino è anche il 250° compleanno del suo Osservatorio (uno dei 12 che fanno capo all’INAF, Istituto nazionale di astrofisica). “Osservar le stelle”, una mostra di strumenti antichi che servirono a scrutare il cielo in questa città celebra i due secoli e mezzo trascorsi da quando padre Giovanni Battista Beccaria colse l’occasione del passaggio di una cometa per mostrarla al re Vittorio Amedeo III di Savoia e questi, colpito dalle sue conoscenze, gli diede l’incarico di determinare la lunghezza del grado di meridiano in Piemonte.“Osservar le stelle” si apre al pubblico il 2 ottobre e sarà possibile visitarla fino al 15 novembre. L’inaugurazione ha un primo momento giovedì 1° ottobre a Palazzo Lascaris, dove una ricca documentazione fotografica ricostruisce la storia dell’Osservatorio, e poi si sposta a Palazzo Bricherasio, sede della mostra degli strumenti antichi. La direttrice dell’Osservatorio di Torino Ester Antonucci, che ha voluto questa celebrazione, avrà accanto il presidente del Consiglio regionale Davide Gariglio e Alberto Alessio (Fondazione Palazzo Bricherasio).La prima specola di padre Beccaria (1716-1781) fu un terrazzino affacciato su piazza Castello all’inizio di via Po, ancora visibile sul lato sinistro della strada dando le spalle a Palazzo Madama. Di lì si spostò qualche tempo dopo, nel 1789, sui tetti dell’Accademia delle Scienze, dove fu inaugurata solo 11 anni dopo, nel 1790. Di qui, per decisione di Giovanni Plana, nel luglio 1822 l’Osservatorio migrò su una torre di Palazzo Madama. Fu poi padre Giovanni Boccardi, nel 1912, a trasferire l’Osservatorio sulla collina di Pino Torinese, dove tuttora si trova, anche se la ricerca si fa ormai prevalentemente con navicelle spaziali e telescopi situati in luoghi remoti, dove la qualità del cielo consente ancora ricerche utili. A padre Boccardi è dedicato un spettacolo teatrale che andrà in scena sabato alle 21 al Planetario Infini.to.Gli strumenti che Plana installò a Palazzo Madama, alcuni dei quali visibili nella mostra, erano: un circolo meridiano di Reichenbach munito di quattro oculari e di due livelli di contrappesi una macchina equatoriale, costruita a Monaco da Fraunhofer e Utzschneider uno strumento dei passaggi, costruito a Parigi da Lenoir un circolo moltiplicatore di 18 pollici di diametro, costruito a Parigi da Fortin un cannocchiale acromatico di Dollond un teodolite di otto pollici di diametro, costruito da Reichenbach un sestante a riflessione di un piede di diametro, costruito a Londra da Toughton un eliostata, costruito a Milano da Grindel un pendolo astronomico a compensazione, costruito a Parigi da Martin un comparatore composto da due microscopi mobili lungo un'asta di legno un barometro a pozzetto e un termometro a mercurio. A Plana Torino ha dedicato una strada che parte dal lato sud-ovest di piazza Vittorio Veneto e prosegue fino a incrociare via Giolitti, dove si affaccia sull’appartata piazza Maria Teresa, correndo parallela a via della Rocca: siamo in un quartiere oggi abitato dall’alta borghesia e da artigiani di nobili commerci (arte, antiquariato, gioielli) con prezzi, non a caso, astronomici. Giovanni Antonio Amedeo Plana però non era torinese. Nacque a Voghera da Antonio Maria e Giovanna Giacoboni nel 1781, l'anno in cui William Herschel scoprì Urano. Quindicenne, manifestò simpatia per le idee della Rivoluzione Francese e dovette lasciare il Regno Sabaudo per trasferirsi a Grenoble, dove divenne amico dello scrittore Henri Beyle Stendhal. A Parigi fu poi allievo di Lagrange, Laplace e Legendre. Rientrato in Italia, divenne professore di matematica alla Scuola imperiale di Artiglieria e nel 1811 ottenne la cattedra di astronomia all'Università di Torino, incarico che terrà per cinquant'anni: dove si vede che l'attaccamento accademico al potere non è cosa nuova. In questo caso però c'è una valida giustificazione nel fatto che Vittorio Emanuele I il 15 novembre 1817 lo nominò "astronomo reale", carica a vita mutuata dall'illustre esempio dell'Inghilterra. Monumentali sono i tre volumi di Plana sulla "Teoria del movimento della Luna", generati da lavori condotti inizialmente con il Carlini, dal quale Plana si staccherà in seguito a contrasti umani e scientifici: il nostro non aveva un carattere facile, litigò anche con Laplace a proposito delle disuguaglianze osservate nel moto di Giove e Saturno, problema sul quale peraltro l’interpretazione del francese era sbagliata, mentre il Plana aveva visto bene. Con i Lagrange, Giovanni Plana si imparentò sposando nel 1817 Alessandra Maria, figlia del matematico Michele Agostino Lagrange, che era fratello del più famoso Joseph Louis. Da lei ebbe il piccolo Luigi, morto improvvisamente a tre anni, e Sofia, che visse più a lungo ma ebbe un'esistenza tutt'altro che felice. Lui fu invece attivo fino all'età più avanzata: si spense il 20 gennaio 1864 a 83 anni, e ancora pochi giorni prima aveva tenuto una conferenza all'Accademia delle Scienze. E’ questo clima tra Sette e Ottocento, fatto di scienza, élite culturali, sabauda sobrietà e talvolta piccole beghe personali, che si potrà respirare tra gli strumenti di “Osservar le stelle”.Nella foto: la cupola che ospita il telescopio Morais da 42 centimetri sulla collina di Pino Torinese

LaStampa.it
PIERO BIANUCCI

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